Faro Waugoshance

Le storie di fantasmi sono come i pettegolezzi, qualcuno le ha sentite da qualcuno, che le ha sentite da qualcun altro, che le ha lette non sa più dove, forse su qualche vecchio libro, tanto che le sue origini si perdono nel tempo, ma sono comunque storie che vengono da sempre raccontate e da sempre ascoltate con curiosità mista a paura. Una volta si usava raccontarle nelle lunghe serate d’inverso, seduti vicino al fuoco, dove le fiamme lanciavano bagliori danzanti sulle pareti che facevano stringere le persone l’una all’altra, come a farsi coraggio.
I fari non fanno eccezione, come i vecchi castelli anche loro hanno le loro brave storie di spettri, vecchi guardiani che non se ne vogliono andare, persone annegate nelle vicinanze che trovano nel faro un rifugio per la loro povera anima vagante e via così. Se poi un faro si trova in una zona con un’atmosfera suggestiva e se il faro stesso è decadente o abbandonato, non c’è posto al mondo che più si presti a simili racconti.
Questa che stiamo per raccontare è una storia di questo tipo, arrivata per caso tramite il racconto di una persona che l’ha ascoltata da una persona che ne conosceva un’altra che l’aveva sentita raccontare di qualcuno, ecc …..

Faro Waugoshance

Il faro di cui si parla è quello di Waugoshance, un faro ora in rovina sul Lago Michigan, dove segnala l’entrata occidentale dello Stretto di Mackinac, un punto molto pericoloso per la navigazione a causa dei banchi di sabbia, ma che fino al 1912, anno in cui venne chiuso svolse il suo compito di illuminare la rotta alle navi, e che era stato caldamente voluto da chi percorreva quella acque.
Il faro fu costruito tra il 1850 ed il 1851 con grandi difficoltà su questo piccolo isolotto di sabbia, ma alla fine su una bassa costruzione svettava una torre di mattoni alta 23 metri, sovrastata da una lanterna chiamata “a gabbia d’uccello” per la tipica lavorazione che ricordava una voliera. La sua luce, emessa dalle lenti di Fresnel, poteva essere vista fino a 16 miglia. In America i laghi sono molto grandi e i fari non si trovano solo in mare, ma la furia dei Grandi Laghi alla volte può essere superiore a quella dell’oceano, così la torre cominciò presto a deteriorarsi e nel corso degli anni fu più volte ristrutturata.
Ma con la storia delle vicissitudini del faro va di pari passo la storia di uno dei suoi guardiani. La storia che si racconta è semplice : dal 1885 al 1900 era guardiano del faro Waugoshance un certo John Herman che amava due cose nella vita, fare scherzi e bere del buon wiskey. Nonostante questi suoi “vizietti” rimase a lungo nel faro, dove si avvicendarono anche degli assistenti guardiani, finché una sera dell’autunno del 1900, forse più allegro del solito, John chiuse a chiave il suo assistente nella stanza della lanterna, scese la scala e si allontanò ridendo a crepapelle per il suo scherzo. L’uomo lo chiamò a lungo dal terrazzino in cima alla torre, ma il buon John Herman, che sicuramente si era fatto una bella bevuta, si diresse lungo il molo che costeggiava il faro, non ne vide la fine e cadde in mare dove annegò.
Faro WaugosanceNon si sa quali altri scherzi John abbia fatto durante la sua vita, ma questo gli fu fatale. E qui la storia sarebbe finita, se non fosse per il fatto è che proprio da quel periodo in poi cominciarono a verificarsi strani fatti : porte che si aprivano e si chiudevano, passi per le scale, insomma tutto il repertorio solito delle manifestazioni di spettri, tanto è vero che quando, nel 1912, un nuovo faro fu messo in funzione nelle vicinanze e il vecchio fu abbandonato perché obsoleto, si disse in giro che il vero motivo era che nessuno voleva più lavorare lì per via del fantasma del vecchio guardiano che aveva preso possesso del posto. In effetti dai registri del faro risulta che il guardiano John Herman morì il 14 Ottobre del 1900, durante il suo servizio, cosa che rende plausibile il racconto e allora ci si domanda, dove la realtà e dove la leggenda ? Comunque il vecchio farò cadde inesorabilmente in rovina, anche a causa di atti di vandalismo, oggi infatti il suo aspetto è desolante, il molo di attracco non esiste più, la base ancora resiste, ma la scala a chiocciola è stata portata via, così come la cupola fatta a gabbia di uccello e la vecchia torre si sta sgretolando. In più un incendio scoppiato non si sa come, ha distrutto tutto quello che di combustibile si trovava all’interno. completando l’opera. Vedendolo si capisce come questo particolare faro abbia scatenato la fantasia della gente che ha continuato a parlare per anni della sua storia.
Ai giorni nostri, in un villaggio sul lago, proprio di fronte all’isola del faro, abitavano due amici, due buontemponi. Uno, Mark, aveva un negozio di ferramenta ed era un tipo atletico, sui 35 anni, con due spalle da giocatore di rugby, la mascella quadrata ed una bella capigliatura bionda. L’altro, Tom, un agente assicurativo, era un tipo alto, asciutto, più o meno della stessa età dell’amico, con occhi e capelli neri ed un naso leggermente aquilino che faceva pensare ad una lontana discendenza da qualche tribù di pellerossa. Una sera d’estate i due si trovavano a cena con altri amici e per un po’ parlarono del più e del meno, poi il discorso cadde sul fatto che dei privati cercavano di ristrutturare il faro ed era iniziata una raccolta di fondi per questo scopo. Da lì a parlare del fantasma il passo fu breve e alla fine Mark propose a Tom di andare insieme in barca all’isola e passare una notte al faro perché non sarebbe stata una cattiva idea dare un’occhiata di persona. Una parola tira l’altra, un bicchiere tira l’altro e alla fine della cena i due amici si erano impegnati a buttarsi in quell’avventura per dare la caccia al fantasma ma, peggio ancora, si erano resi conto che non potevano più tirarsi indietro perché gli altri componenti della compagnia erano stati testimoni di quella decisione e l’avevano appoggiata con entusiasmo.
Faro in rovinaIl sabato seguente, giorno deciso per la spedizione gli amici si trovarono nel pomeriggio su una spiaggia del lago, davanti al piccolo cottage che Tom usava come base per andare a pescare. Si trattava più che altro di una piccola capanna di tronchi, con una cucina, una stanza ed una veranda sul davanti, dove, dopo una partita di pesca, gli amici si riunivano per cucinare le loro prede. Il prato degradava dolcemente verso il lago, dove si allungava un pontile di legno a cui era ormeggiata la barca a motore di Tom.
La loro era una spedizione temeraria, era l’avventura della loro vita, avrebbero potuto testimoniare se la leggenda era vera o falsa. Avevano deciso di non portare nessun tipo di luce, né pile, né candele, né, tanto meno, macchine fotografiche per non spaventare il fantasma, se si fosse presentato, con il flash. Il loro equipaggiamento consisteva di un telo impermeabile da usare in caso di pioggia e dei sacchi a pelo, non perché avessero intenzione di dormire, ma solo per ripararsi dal freddo, oltre ad una provvista di pane e merluzzo affumicato per la cena, di una qualità speciale che si vendeva in un solo posto in città. Dovevano però trovare qualcosa che potesse convincere John Herman a farsi vivo (si fa per dire) così, conoscendo la sua predilezione, decisero di portare una bottiglia di buon wiskey scozzese e tre bicchieri, insieme a dei cubetti di ghiaccio nel caso il fantasma lo preferisse insieme al suo wiskey. Misero il tutto in un capace contenitore termico, caricarono la barca e Mark e Tom partirono per la loro avventura.
I due amici ormeggiarono la barca sotto la scogliera e si arrampicarono per raggiungere la base del faro. La situazione era peggiore di quanto pensassero : la casa del guardiano era bruciata e piena di detriti e la scala a chiocciola che portava alla stanza della lanterna non esisteva più. Ebbero la tentazione di arrampicarsi fino in cima alla torre usando una corda, ma date le circostanze pensarono che era meglio non rischiare. Così si organizzarono per la notte e in mezzo ai rottami trovarono dei pezzi di legno dai quali ricavarono un rozzo tavolino, si sedettero e mangiarono il loro merluzzo affumicato insieme al pane. L’avventura mette fame. Intanto si faceva scuro e fino a quel momento Mark e Tom non avevano visto né sentito niente che anche lontanamente somigliasse ad un fantasma così prepararono da bere, misero i tre bicchieri sull’improvvisato tavolino versando ghiaccio e wiskey in tutti e tre, poi alzarono i loro dicendo : “allo spettro di John Herman” e li vuotarono. Quello di John non era stato toccato e come ulteriore misura precauzionale chiusero bene la bottiglia e controllarono il livello del liquore rimasto.
Oramai era buio pesto, così i due coraggiosi cacciatori di spettri misero i loro sacchi a pelo contro una parete rimasta in piedi, e si sedettero, posizionandosi in modo da poter vedere qualsiasi movimento potesse venire da quelle che una volta erano state la porta e le finestre, e si prepararono ad una paziente attesa. L’atmosfera non era delle migliori, la luna che appariva e spariva tra le nuvole creava strane ombre in movimento, persino un uccello notturno di passaggio fece danzare le ombre sulla parete semidistrutta e i due amici cominciarono a sentire uno strano non so che, erano in due, ma erano davvero soli ? Sul tavolino si trovavano sempre i due bicchieri vuoti e quello pieno, sembrava che il loro tentativo di attirare John Herman fosse fallito. Intanto si sentì un tuono in lontananza che faceva presagire un temporale, così i due uomini sistemarono il telo impermeabile in modo da proteggersi dalla pioggia se fosse arrivata e tanto per farsi coraggio, cominciarono a chiacchierare di come fossero terribili le tempeste che si scatenavano sul quel lago e quanti naufragi avessero causato. Puntualmente arrivò la pioggia e arrivò a scrosci, insieme ad un vento gelido che fischiava tra le rovine, così Mark e Tom si infilarono nei sacchi a pelo, sotto la protezione del telo e alla fine, nonostante tutto, si addormentarono.
Quando si svegliarono il mattino seguente splendeva il sole. Guardarono subito verso la tavola, due bicchieri erano vuoti, il terzo era sempre pieno, la bottiglia era tappata ed il livello del liquore non era cambiato. Dopotutto John Herman non si era fatto vivo. I due amici raccolsero le loro cose, recuperarono la barca e tornarono sulla terraferma, non sapendo se sentirsi sollevati o dispiaciuti.
Una settimana più tardi Mark ricevette una telefonata da Tom che gli chiedeva di raggiungerlo al più presto al cottage sulla spiaggia. Appena arrivò Mark fu accolto da un tanfo di pesce andato a male. Al loro ritorno dal faro i due cacciatori di fantasmi avevano lasciato il contenitore termico, senza aprirlo, nella veranda antistante la casa e la bottiglia mezza vuota del wishey scozzese sulla tavola della cucina, poi ognuno era tornato a casa sua. Ora Tom gli fece vedere che dentro alla borsa termica si trovava un merluzzo, orami decomposto dopo una settimana di esposizione al sole, e che la bottiglia sul tavolo era esattamente come l’avevano lasciata, ma conteneva acqua e non wiskey !
Qualche loro amico aveva voluto giocare un tiro mancino ? Non era possibile, il cottage e la veranda erano chiusi a chiave. Quando avevano lasciato il faro non si erano preoccupati di aprire la borsa termica, né di annusare il wiskey, non c’era motivo di farlo, era possibile che lo spettro di John Herman si fosse presentato mentre dormivano, in quella terribile notte tempestosa, avesse vuotato la bottiglia di wiskey, riempiendola con l’acqua del lago, e, per prenderli in giro, avessi infilato un merluzzo nella borsa termica ? Non è possibile che Mark e Tom siano stati le ultime vittime di quel guardiano burlone ? I due amici non avranno mai una riposta ad una simile domanda, ma è molto probabile che si guarderanno bene, in futuro, dal passare una notte in un faro abbandonato.

Fonte: Annamaria “Lilla” Mariotti

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