GALEE GALEONI e GALEAZZE -la vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

GALEE GALEONI e GALEAZZE

GALEE GALEONI e GALEAZZE -la vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

GALEE GALEONI e GALEAZZE -la vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

Una descrizione di come si viveva a bordo, tra il XVI e il XVII secolo, lasciata da un capitano delle galere pontificie.
“La galea è lunga, stretta e bassa; ha una sola coperta e sotto è divisa in sei camere: la camera della poppa per i capitani, i gentiluomini e per altre persone di rispetto, lo “scandolaro” è una camera contigua a quella di poppa: vi si conserva una parte dell’arme e delle altre robe della gente di poppa e vi sta anche qualche botte di buon vino.
Dopo lo “scandolaro” è la camera detta compagna, che serve come dispensa, nella quale sta il vino e il companatico, in pratica la carne salata, il formaggio, l’olio, l’aceto, i salumi, il “pagliolo” è la camera dove si tiene il biscotto, la farina, il pane, le fave, il riso, l’acqua, a questa è congiunta la camera di mezzo, nella quale si tengono le vele, una parte del sartiame, la mercanzia, le armi. L’ultima è la camera di prora: qui stanno i marinai e le loro robe; il cappellano e il barbiere hanno la loro posta per il dormire e per i medicamenti.
Sopra coperta, la galea è divisa in tre parti: poppa, luogo particolare dei capitani, dei nobili e di quelli che governano il timone; i remaggi, dove sta la ciurma a vogare; prora, innanzi alla quale sta prominente lo sperone, anticamente chiamato rostro “.
Normalmente la galea aveva un equipaggio da 200 a 300 uomini, di cui due terzi alla voga, un primo stato maggiore era costituito dal “sopracòmito” (comandante), da uno o più nobili di poppa, dal padrone, e dal cappellano. Un secondo stato maggiore era costituito dal “còmito”, da uno o più sotto comiti, di cui uno per la manovra degli alberi, e l’altro per le vele, dal pilota, dal consigliere, da otto timonieri, otto prodieri per la manovra delle ancore e delle vele, otto alighieri addetti alle manovre dei ganci d’accosto (detti appunto alighieri), la razione alimentare di questi uomini, consisteva in due libbre di biscotto, una di carne fresca o mezza di carne salata, mezza di formaggio o quattro sarde, una pinta di vino, un’oncia d’olio.
Gli ufficiali, i timonieri, e le maestranze avevano doppia razione, la carne si mangiava solo il martedì, giovedì eI vogatori erano inizialmente uomini liberi, ma poi furono sostituiti da schiavi e da condannati; i pochi liberi, rimasti volontari a bordo, si chiamarono “buonevòglie”, questi godevano d’alcune libertà durante il giorno ma di notte stavano alla catena anche loro; potevano portare i baffi mentre i condannati avevano testa e viso completamente rasati, e gli schiavi avevano un ridicolo ciuffo di capelli al sommo della testa rasata.
I condannati e gli schiavi, erano obbligati a remare senza mai fermarsi per molte ore, spesso per giorni interi, rianimati appena da pezzi di biscotto inzuppati nel vino, che i marinai di sorveglianza ponevano di tratto in tratto in bocca ai vogatori, il “còmito” e l’aguzzino, vigilavano sulla cadenza delle vogate, scudisciando a sangue i più fiacchi, se svenivano, erano ancor più crudelmente percossi, chi moriva sul banco era subito buttato in mare.
L’igiene a bordo era trascuratissima, inimmaginabile, si moriva per la stanchezza, per i cibi avariati, per lo scorbuto, per le malattie intestinali, e per le infezioni.
I forzati erano obbligati alla pulizia da ordini ferrei che contemplavano anche le punizioni corporali, la loro pulizia, però, era consentita solo quando la nave era ferma; in navigazione notte e giorno, erano legati ai remi, erano previste pene severe, anche per l’aguzzino: se gli scappava un galeotto, gli tagliavano le orecchie e il naso, l’orribile esistenza sulle galere è scolpita in un motto:” La vita è tormento, la morte è sollievo ” domenica.

GALEE GALEONI e GALEAZZE -la vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

Col passaggio dal remo alla vela, le condizioni a bordo cominciarono a migliorare, seppure molto lentamente, la “panatica”, scrive nel 1600, il capitano genovese Bartolomeo Crescenzio, era sufficiente e di buona qualità, costituita principalmente di pesce e maiale salati, formaggio, biscotti, aglio e cipolle, a tutti i marinai tre giorni la settimana era fornita carne, e ogni sera vino.
La disciplina migliora con il progredire dei tempi, nel 1700 era tuttavia ancora consentito il taglio delle orecchie e il far correre tutta la lunghezza della nave a scudisciate (punizione nota col triste nome di “bolina”).
Le mancanze meno gravi erano punite con la “cala” vale a dire il tuffo in mare stando legato ad un cavo mollato dall’alto di un pennone, o la “cala straordinaria”, in pratica il passaggio sotto la chiglia, le mancanze gravissime erano punite con la morte per impiccagione o per squartamento.
Invece l’igiene a bordo continuerà ad essere trascurata, fino agli inizi del 1800: e questo nonostante il fasto esterno, le sculture, gli ori dei galeoni e dei vascelli.
Le brande, ad amaca, sospese, nei locali delle batterie, non si pulivano mai perché chi smontava di guardia, andava a dormire nella branda di chi lo aveva rilevato, e così di seguito, sempre.
Nella marineria militare solo nel ‘700 apparvero le prime divise, blu con filettature bianche per gli inglesi, e rosse per i francesi, le condizioni della vita a bordo, migliorarono sensibilmente, le orribili punizioni, il micidiale scorbuto, i galeotti incatenati ai remi, appartengono solo ai primordi della marineria.

Con la costituzione delle flotte regolari da battaglia, prevale la disciplina militare, severa ma allineata ai nuovi tempi, e i marinai diventano combattenti del mare, con una condizione di vita e un trattamento adeguati.

A proposito dello “scorbuto”, non dobbiamo dimenticare John Jervis conte di St. Vincent, ammiraglio della flotta inglese, il primo che comprese, come, e per mezzo di cosa, si potesse combattere questa grave disfunzione e, come fare per debellare le febbri tifoidi provocate dalla mancanza d’igiene, fin dal 1753 si sapeva che il succo d’arancia o di limone, era efficace contro lo scorbuto, ma si era fatto poco per rifornire la flotta di questo rimedio. Jervis ascoltò il punto di vista del dottor Baird sull’argomento, e quindi gli diede carta bianca per ordinare limoni a sufficienza per l’intera flotta del Mediterraneo, rendendo poi obbligatorio un regolare rifornimento per tutta la Marina. Su istruzioni di Jervis il dottor Baird affrontò anche il problema della febbre tifoide, istituendo rigorosi provvedimenti di pulizia, allo scopo di distruggere dal pidocchio che portava il tifo, gli affollati ponti inferiori.

GALEE GALEONI e GALEAZZE -la vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

I galeoni erano i più grandi natanti, in origine furono creati per risparmiare sui costi, contenevano il doppio di merce di un normale “Cargo”, e la sua costruzione costava meno di due navi da carico, però erano più lenti e poco manovrabili, l’handicap della manovrabilità, rese queste navi facile preda di pirati.
Nel XII sec. il termine galeone, indicava una piccola galea ad un solo ordine di remi e dalle forme sottili, successivamente indicò le grandi e potenti navi a vela destinate ai viaggi per il commercio con il Nuovo Mondo.
Erano navi più grandi della galeazza, alte di bordo, con due ponti, e i due castelli di prora e di poppa, i più grandi ebbero quattro alberi verticali: il trinchetto, e la maestra a vele quadre (bassa vela e gabbia), la mezzana e la mezzanella a vele latine; una coffa per ogni albero e inoltre le vele quadre di civada, e di bompresso.
In quelli da guerra, la batteria era armata da cinque o sei cannoni di grosso calibro per ogni lato, altrettanti pezzi di calibro minore erano installati sul ponte di coperta e quattro bocche da fuoco di piccolo calibro si trovavano su ognuno dei castelli.
Il galeone fu usato anche nelle marine italiane, ma soprattutto dalla Spagna per i viaggi nelle colonie: servirono, in particolare, ad inviare in Spagna i carichi d’oro provenienti dal Messico e dall’America del Sud e furono spesso, preda di corsari e bucanieri, i galeoni più grandi misuravano circa 50 m di lunghezza, 12 m di larghezza e 37 d’altezza massima sulla chiglia.
Nel 1702, durante la guerra di successione spagnola, un grosso convoglio di galeoni carichi d’oro, fu affondato nella rada di Vigo e, nonostante tutte le ricerche fatte, non se n’è trovato traccia. Durante la campagna del 1588, “l’Invincibile Armada” spagnola aveva le ali costituite da galeoni: il “San Martin” e il “San Juan” stazzavano 1.000 t.

I galeoni da guerra sono simili a quelli mercantili, hanno una minore capacità di carico, ma più cannoni e combattenti, la differenza più importante è che i galeoni da guerra sono comandati da ufficiali, e l’equipaggio è formato soltanto da soldati, questo rendeva questo tipo di galeone formidabile in battaglia, dato il suo migliore equipaggio, questo galeone era leggermente più veloce dei mercantili, ed era più grande e più manovrabile dei suoi pacifici cugini.
Solo le navi più potenti potevano scontrarsi con questo tipo di galeone, le tattiche preferite dagli spagnoli erano due: la prima consisteva nel portarsi fuori, dalla portata dei cannoni nemici e sfruttare la potenza dei propri, la seconda sfruttava nell’arrembaggio i propri soldati, più numerosi e più preparati dei nemici.
Le potenze del nord Europa raffinarono il disegno base del galeone, rivisitando il piano delle vele per una maggiore flessibilita’, ridussero le vele superiori, e migliorarono la geometria, per una migliore velocità, il risultato fu un galeone più piccolo, ma più veloce, e complessivamente più manovrabile.
La galeazza aveva bordi alti, con casseretto, e castello, tre alberi a vele latine e bompresso, aveva il ponte di coperta e trentadue banchi di remi sotto tale ponte, con remi a scaloccio, il ponte di coperta era libero per la manovra delle vele, e poteva portare una batteria di grossi cannoni (circa trentacinque) e altri minori installati sui fianchi, la galeazza, imitazione della galea da traffico, con la sua attrezzatura e l’alto bordo, fu il coronamento degli sforzi per mettere le galee in condizioni di lottare contro il crescente predominio della nave a vela, nel XVI sec.
Le galeazze parteciparono alla battaglia di Lepanto e furono presenti nella “Invincibile Armada”.

 
 “Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“


2 comments

  1. Corto Maltese ha detto:

    Bellissimo articolo, complimenti!

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