Hms Victory

Hms Victory

LONDRA – Ricercatori della società statunitense Marine Exploration hanno annunciato di aver individuato il relitto della nave da guerra della Royal Navy, Hms Victory , colata a picco nella Manica nel 1744, durante una tempesta, e con a bordo un tesoro di monete d’oro che potrebbe valere oltre un miliardo di dollari. Il glorioso nome di questa nave è stato poi ereditato dal vascello di prima classe, a tre ponti, sempre della Royal Navy, costruita attorno al 1760. Quest’ultima la più vecchia nave ancora in servizio nel mondo e l’unico vascello rimanente. Risiede nel suo bacino di carenaggio a Portsmouth come nave museo. Su questa Lord Nelson innalzò la sua insegna il 16 maggio 1803 e partì il 20 maggio per assumere il comando della Flotta del Mediterraneo. ERA LA NAVE PIU’ POTENTE DELL’EPOCA – La sua progenitrice era invece affondata oltre mezzo secolo prima. «Si tratta di uno dei più grandi misteri della storia navale, che è stato risolto ora con l’individuazione della nave, la più potente e tecnicamente più avanzata per quell’epoca» ha detto Greg Stemm, responsabile dell’Odyssey con sede a Tampa (in Florida, degli Stati Uniti). L’Hms Victory è colata a picco vicino a largo di Casquets nel 1744 durante una tempesta, con a bordo, pare, un tesoro inestimabile.

Era l’ammiraglia della flotta inglese di Giorgio II, l’orgoglio della Royal Navy, varata il 23 febbario 1737 (antenata della ‘Victory’ di Nelson). Tre alberi, cinquantatré metri di lunghezza, centodieci cannoni in bronzo, distribuiti su tre ordini di ponti. Gli esperti non hanno dubbi: la Victory era la più bella nave dell’epoca.

Il 4 ottobre 1744, il vascello faceva il suo ingresso nel canale della Manica, di ritorno da una missione in acque spagnole. Imboccato the Channel una violenta tempesta colse l’imbarcazione, che non riuscì a superare le avversità del mare e si inabissò la notte successiva. Tutti i 1.150 membri dell’equipaggio, tra cui l’ammiraglio sir John Balchen e numerosi volontari delle famiglie nobili d’Inghilterra, morirono nella tragedia.

La scomparsa del leggendario vascello – e delle 100 mila monete d’oro che si suppone portasse a bordo – indusse i cacciatori di relitti a setacciare per anni le acque tra Francia e Inghilterra. Ma un’errata ipotesi sul luogo del naufragio impedì agli esploratori l’individuazione della Victory. Fino a quando gli americani della Odyssey Marine Exploration, grazie alla sofisticata strumentazione (side scan sonar, robot e metal detector), all’esperienza e a un pizzico di fortuna riescono a individuare i resti del veliero sui fondali vicino all’isola di Alderney. Oltre 250 anni dopo il tragico naufragio, il mare restituisce due dei cannoni e numerosi altri oggetti che ancora recano impresse le insegne di re Giorgio.

A volte riemergono. E in questo caso è un recupero che vale migliaia di sterline. Gli uomini dell’Odissey fanno salti di gioia ma sono consapevoli del fatto che trovare un relitto non significa – come sostiene un diffuso luogo comune – diventarne automaticamente proprietari…
Il ritrovamento infatti ha già dato il via a una disputa tra la società americana e il governo britannico: il relitto è stato trovato in acque internazionali ma, trattandosi di una nave militare, appartiene di diritto al governo della Corona.
La compagnia dei cacciatori di tesori americana non è nuova a queste controversie. Nel 2007, infatti, Odyssey avrebbe recuperato dai resti di un galeone affondato nell’oceano Atlantico monete d’oro e d’argento del valore stimato di oltre 350 milioni milioni di euro. Poco dopo il ritrovamento la società è stata denunciata dal governo spagnolo che rivendica la proprietà del carico sostenendo che il vascello affondato era un famoso galeone della flotta iberica del diciassettesimo secolo e che le operazioni di recupero si svolsero in acque territoriali spagnole. I mari burrascosi adesso toccano ai legali di entrambe le parti, che si contendono quello che potrebbe essere il più grande tesoro mai trovato, in una vicenda dai sapori pirateschi, con tanto di nomi in codice, mappe nascoste e fumose miglia marine.

I bottini custoditi dai fondali marini fanno gola a molti, dalle accreditate società di recupero ai nuovi ‘tombaroli’ del mare (e la quantità di siti internet dedicati al tema conferma la popolarità dell’attività). Basti pensare che solo nella zona di mare tra Gibilterra e il Portogallo hanno fatto naufragio quasi 150 galeoni, un numero che sale a 800 se ci si allontana dalla costa. La prospettiva di facili guadagni e l’intramontabile fascino della caccia al tesoro fanno il resto.

“Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“


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