Le spadare, incubo del Mediterraneo

Le spadare sono delle reti a maglie larghe, 43-45 cm (la maglia massima consentita è di 18 cm), che si estendono fino a 30 km e sono alte fino a 15 metri, e che vanno alla deriva in alto mare, catturando non solo il pesce spada, come suggerirebbe il nome, ma anche specie in pericolo di estinzione come gli squali, le tartarughe marine e i cetacei…
I capodogli muoiono per sfinimento dopo ore di agonia. I delfini non riescono più a riemergere e soffocano. Si stima che nel solo Mediterraneo queste reti siano arrivate ad uccidere 10 mila cetacei ogni anno. In altri mari rappresentano la prima causa di morte dei cetacei.
E nel mare, si sa, bisogna mantenere un equilibrio altrimenti sono problemi per tutti.
Le spadare alla deriva, infatti, non sono tese, gli animali che nuotano nei loro pressi generano piccole correnti e le attirano restando fatalmente intrappolati, caratteristica per la quale si sono guadagnate l’appellativo di muri della morte.
Per questa ragione 16 anni fa le Nazioni Unite hanno votato per una moratoria contro l’uso di queste reti. La Comunità Europea le ha proibite definitivamente soltanto nel 2002, in Italia però c’è chi continua ad usarle…
La pena sarebbe il sequestro della rete e poi c’è una sanzione amministrativa di circa 4 mila euro.
Il condizionale è d’obbligo visto che nonostante dal giugno di quest’anno, dietro pressioni della Comunità Europea (che sosteneva come fosse “ampiamente provato che il sistema di controllo e sanzione applicato in Italia in merito alle reti derivanti sia del tutto, insufficiente”) sia stata introdotta la norma che permette il sequestro della rete anche in porto, sanzionando la detenzione (mentre prima si dovevano sorprendere i pescatori in mare con la rete calata) nella pratica molto spesso le reti vengono lasciate in custodia agli stessi proprietari dei pescherecci vietandone l’utilizzo con un sigillo, perché purtroppo in molti casi gli operatori di Polizia non hanno gli strumenti per gestire la rete sequestrata, non ci sono i fondi per la detenzione, né per il trasporto né per la distruzione.
Ma queste reti possono arrivare a costare fino a 20 mila euro, è difficile credere che chi pesca illegalmente si faccia tanti scrupoli e non le utilizzi di nuovo.
Se le 700 spadare esistenti dieci anni fa siano ancora in attività non è facile dirlo.
Ma dai pescatori calabresi i giornalisti in una recente trasmissione di Rai tre, Report, sono venuti a sapere che tra San Lucido, Cetraro e Bagnara ci sono 100 barche che praticano questa pesca illegale.
Report ha messo in evidenza il caso di Bagnara Calabra, a 170 km a sud di Cetraro, che è un “porto franco”: qui le reti vengono sbarcate, ma nessuno le sequestra. Gli uomini della Capitaneria stanno a guardare, senza neppure fingere di non vedere: transitano dal porto, danno un’occhiata e vanno via.
Gli acquirenti sono le pescherie e i grossisti, che vengono anche da molto lontano. Le operazioni durano ore, ci sarebbe tutto il tempo per organizzare gli interventi di sequestro, che comprenderebbero anche il pesce se pescato con un attrezzo illegale. Invece si vedono stive di pescherecci che si svuotano per riempire i tir…
Addirittura un’auto della polizia municipale scorta fino in porto il tir che presto si riempirà di pesci spada. Uno finisce anche nel bagagliaio del vigile.

Capita che i pescherecci vengano sorpresi a salpare la rete illegale con il suo bottino, alla vista della motovedetta della Capitaneria tagliano la rete, tentando poi di dimostrare che il pesce spada l’hanno pescato con attrezzi autorizzati: reti a strascico, palangari, ferrettare e attrezzi da posta, anche se alla verifica a bordo hanno chilometri di spadare, e di ferrettare nemmeno l’ombra.
La ferrettara, che e’ una rete simile alla spadara ma con le maglie più piccole (18 cm) e lunga al massimo 2 km, è stata introdotta dall’allora ministro delle politiche agricole del governo Prodi, Michele Pinto, proprio nel periodo in cui il regolamento europeo contro le spadare era in via di definizione (il decreto sull’uso delle ferrettare è stato poi firmato dall’allora ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro nel maggio 2006). Con la ferrettara non sarebbe possibile pescare il pesce spada ed il tonno, visto che se ne autorizza l’uso soltanto entro le 10 miglia dalla costa, anche se non può avere alcuna redditività sotto costa: risultato i pescatori che pescavano con la spadara, hanno imbarcato le ferrettare e le utilizzano normalmente a distanza ben oltre 10 miglia.
Per dirla in altri termini, Report sostiene che dato che la ferrettara o si usa illegalmente per la pesca del pesce spada o non ha senso utilizzarla, e dato che risulta difficile credere che i tecnici dell’allora ministero non lo sapessero, la ferrettara sia solo un modo per “mimetizzare” l’uso delle spadare.
Inoltre la ferrettara e la spadara quando sono ammucchiate sembrano la stessa cosa, ma le spadare sono riconoscibili dal tipo di filato e dalla larghezza della maglia.

Nel 1997 sono stati distribuiti 100 milioni di euro dei contribuenti italiani ed europei ai pescatori per aiutarli a passare dalle spadare ad altri sistemi di pesca, dopo 5 anni, nel 2002 sarebbe entrato in vigore il divieto di utilizzo, dando così tempo ai pescatori di cambiare metodo o attività.
Hanno aderito quasi tutti facendone richiesta, perché il piano era volontario, sono stati indennizzati per dismettere le spadare e non l’hanno fatto: continuano a buttare km di reti a maglie larghe, una frode vera e propria.
Secondo il regolamento “il pesce spada si può pescare solo con l’amo o l’arpione”; quella con l’arpione è la pesca tradizionale del pesce spada nello stretto di Messina. Non crea alcun danno alla popolazione dei pesci spada o alle altre perché è selettiva, è di sicuro una lotta crudele, ma è alla pari e la morte del pesce è immediata.
E’ illusorio voler credere che la pesca al pesce spada sia questa, non può che fornire un numero limitato di ristoranti.
Barche che praticano questo tipo di pesca ce ne sono circa una quindicina tra lo stretto di Messina e in Calabria.
Ormai sarebbero da considerare un reperto storico da tutelare, ma non hanno avuto particolari finanziamenti per mantenere questa attività, con cui in 4 mesi (una stagione) mediamente si pescano un centinaio di pesci, vale a dire lo stesso numero medio di pesci spada che riesce a recuperare una spadara in una gettata.
Oltre tutto il pesce spada è catalogato come specie in pericolo, e quando un predatore sparisce si interrompe la catena alimentare e si altera tutto il sistema.
La sua cattura è stata regolamentata 10 anni fa, in cambio di indennizzi pagati da tutti noi. Siccome però è prassi non rispettare le regole, per evitare che a qualcuno venisse in mente di cambiare idea, i pescatori si sono dati da fare per tempo e ad inizio stagione hanno bloccato i binari, una settimana dopo hanno incontrato l’On. Fini, e in 48 ore la Camera dei Deputati ha approvato un ordine del giorno con cui impegnava il governo, in sede comunitaria, ad attenuare le sanzioni per chi pesca con attrezzi illegali, ma con che faccia? dopo che la Commissione Europea ci ha richiamato perché non abbiamo abbastanza controlli e non applichiamo le sanzioni…

Secondo Report i nostri governi finora hanno praticamente coperto e agevolato una frode comunitaria ai danni dei contribuenti europei e dei pescatori onesti.
Il controllo in mare non può arginare alcun fenomeno di illegalità, almeno finché le sanzioni saranno inferiori ai ricavi, finché non si arriverà al sequestro della licenza, ci sarà sempre qualcuno che non si farà alcuno scrupoli.

Ma forse potremmo tornare ad avere un equilibrio se verranno gestiti come si deve i 424.342.854 euro che stanno per arrivare per “creare i presupposti per lo sviluppo sostenibile delle zone di pesca”.
A gestire i soldi saranno le Regioni ponendo dei limiti allo sfruttamento e poi facendo rispettare le regole, questo aiuterebbe la parte sana del settore, i pescatori onesti, che di solito sono anche quelli che urlano poco.
Continuo ad usare il condizionale… e per citare ancora una volta le parole dei giornalisti di Report “siccome bisogna pur vivere, siccome tutti tengono famiglia, il reato si perde in mare dove furbi e poveracci impoveriscono il patrimonio di tutti”

Per chi volesse approfondire, le associazioni ambientaliste denunciano da anni la situazione: potete leggere il rapporto “Operazione Spadare” di Ilaria Ferri, il “Rapporto spadare di Greenpeace“, le “schede spadare del WWF“, la legislazione sulle spadare su Legapesca

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