Mare sporco – E’ passato l’uomo! + Video

Mare sporco – E’ passato l’uomo! + Video

Mare sporco

Mare sporco ! E’ passato l’uomo!

Mare sporco e non solo sopra ma anche nel profondo blu dove i nostri occhi non vedono, spiagge sporche, Great Pacific Garbage Patch: un oceano di plastica, ………. sicuramente un argomento molto attuale ed anche scottante. Il nostro scopo è informare e sensibilizzare al fine che anche i nostri lettori facciano altrettanto per ottenere, certamente purtroppo nel tempo che possa essere il più breve possibile, l’inversione di tendenza.

Entriamo in argomento con un video espicativo

Marevivo: puliamo dalle cicche le nostre spiaggie!

“Ma il mare non vale una cicca?” con questo slogan l’associazione Marevivo promuove per il terzo anno consecutivo una campagna per liberare le spiaggie italiane dai mozziconi di sigarette. Nelle giornate del 6 e 7 agosto 2011 ben 330 arenili della penisola saranno percorsi da oltre mille volontari che proporranno piccoli portaceneri da spiaggia per sensibilizzare i bagnanti al problema dell’inquinamento da sigarette. Perché le cicche sono pericolose due volte, per l’ambiente, perché contengono materiali che impiegano quasi 5 anni per biodegradarsi e per la salute, perché i bambini le possono ingerire e i residui di tabacco sono dannosi per il loro piccolo organismo. A far scattare la voglia di pulizia dei litorali è stata anche una recente ricerca delle Nazioni Unite da cui risulta infatti che oltre il 40% dei rifiuti del Mediterraneo sia costituito dai mozziconi che sono quindi un problema non di poco conto mentre le bottigliette di plastica pesano “solo” per il 9,5%. Del resto è un atto di civiltà buttare la sigaretta nei rifiuti o negli appositi contenitori, sincerandosi anche che sia ben spenta, per non costituire una possibile causa d’incendi. Ma non tutti sembrano comprenderlo. Il messaggio di questa campagna per chi oggi non ne ha la consapevolezza, è che fare un piccolo sforzo per conservare il residuo della sigaretta e buttarlo poi, costa poco a noi ma vale moltissimo per l’ambiente. Così il mare e la spiaggia ci ringrazieranno! tuttogreen.it

IL 6 E 7 AGOSTO 2011 è PASSATO, MA L’IMPEGNO NO! OGNUNO DIA IL SUO CONTRIBUTO: RIPORTIAMOCI A CASA I NOSTRI SCARTI ed GRUPPI DI PERSONE (AMICI, ASSOCIAZIONI, DIVING SUB) ORGANIZZINO GIORNATE DI BONIFICA SPIAGGE, PORTICCIOLI, ARENILI E FONDALI MARINI. PUBBLICIZZIAMOLO PRIMA O DOPO GLI INTERVENTI, MA …… GIA’ CHI VEDE PUO’ ESSERE SENSIBILIZZATO E SPESSO CAPITA CHE PERSONE SCONOSCIUTE SI AGGREGHINO AL GRUPPO PROMATRORE. *Filmati Di Mare*

Una balena di plastica riciclata: un’opera d’arte contro i rifiuti in mare

Una Balena di plastica. Niente di nuovo. Ma se costruita in tutti i porti italiani con l’apporto di volontari, di associazioni, di navigatori che la raccolgono in mare potrebbe risvegliare le coscienze e sensibilizzare i cafoni che dalla barca buttano buste di plastica, contenitori di shampoo, bottiglie. Senza dimenticare, lo sanno bene i volontari che ogni tanto fanno pulizie nei porti nelle giornate ecologiche, chi lascia cadere gomme d’auto e oggetti ben più ingombranti: “Una volta navigando vicino alle coste della Corsica ho trovato un biliardino”. Si proprio un calcio balilla, come racconta Gaetano Mura, navigatore oceanico (ha partecipato alla Transat, una dura regata in solitario dalla Francia al Brasile) che ha pensato e lanciato la proposta. “Già in Oceano mi è venuta quest’idea, poi rafforzata dopo aver letto sulla stampa degli ultimi studi sull’impatto della plastica sulle Balene”.

Non è roba da poco: immaginate voi di ingoiare un sacchetto di plastica. E le balene muoiono. Per questo l’idea può essere una campagna di comunicazione sociale, però a basso costo, come quella del ministro Prestigiacomo che ha lanciato il “basta plastica”. Con l’idea di Gaetano Mura si mobiliterebbero singoli ma pure scuole (importante iniziare dai bambini) ed associazioni. Un lavoro collettivo per recuperare plastica torturata dal mare ma non distrutta (purtroppo) per montare questa installazione (anche temporanea e ripetibile ogni anno) per sensibilizzare le persone a riportare a terra e depositare nei cassonetti della differenziata la plastica. Operazione semplice ma costosa in termini di energie per i troppi che l’abbandonano in acqua. “Io vorrei iniziare questo progetto da Cala Gonone, dall’Acquario che è un punto didattico importante sul mare e la sua difesa– spiega Gaetano Mura – ma potrebbe poi propagarsi per tutta la penisola”. Insomma si può pensare alla giornata della Balena di plastica. L’idea sarà lanciata anche l’8 agosto a Cala Gonone “proprio nell’acquario dove presenterò il mio progetto gironelmondo. Si tratta di un programma di traversate oceaniche ma voglio sfruttare questa occasione per lanciare un messaggio; infatti in collaborazione con il Man di Nuoro (un bel museo di arte contemporanea) il mio scafo sarà dipinto da giovani artisti che dovranno trasformare la mia idea in opera d’arte”. Viaggiante. Magari una balena come quella da costruire con la plastica che le uccide. Simbolo che può movimentare coscienze e animi. tuttogreen.it

Mare sporco -Crociere peggio dei viaggi in aereo dal punto di vista sostenibilità? (Maggio 2011)

Mare sporco

Crociere

Le crociere: un mondo galleggiante in miniatura, arredamento sfarzoso, palestre, piscine, addirittura campi da golf. Ma avete mai pensato quanto costi in termini ambientali tutto questo lusso? I motori di una singola nave da crociera emettono ogni giorno polveri sottili e zolfo pari a 10.000 automobili. Anche quando sono attraccate ai porti, le navi devono mantenere accesi i generatori necessari alla produzione di elettricità per i locali interni. Senza contare i rifiuti prodotti e le acque reflue, non sempre trattate correttamente, anche a causa di una legislazione a maglie larghe in diversi paesi sul tema. Il problema non è comunque nuovo agli esperti del settore. Nel 2005 il CCR (Centro Comune di Ricerca) di Ispra aveva fatto installare su una nave della famiglia Costa Crociere una centralina in grado di monitorare il livello di inquinanti immessi nell’atmosfera. I risultati hanno dimostrato come sul livello del mare sia presente una quantità di ozono notevolmente superiore alla media.

Anche nel 2003 una organizzazione non profit, la Oceana, fece partire una campagna contro l’inquinamento causato dalle navi da crociera con la finalità di mettere pressione sulla Royal Caribbean Cruise Lines, la seconda società nel mondo per numero di navi da crociera dietro alla Carnival, per migliorare le sue pratiche di trattamento dei rifiuti. Va detto che l’anno successivo, nel 2004, Royal Caribbean inaugurò una nuova tecnologia avanzata di trattamento delle acque reflue sulle proprie navi da crociera.

In ogni caso, il problema è stato risollevato proprio in questi giorni, in occasione dell’inaugurazione della nave da crociera più grande del mondo, la Royal Caribbean Oasis of the Seas. L’organizzazione Amici della Terra ha presentato una relazione in cui ribadisce come, nonostante l’interesse manifestato in questi anni, i livelli attuali dell’inquinamento atmosferico e marittimo siano ben lungi dall’essere rassicuranti.

Il record di inquinamento prodotto dalle navi da crociera dovrebbe invece fare riflettere sulla necessità dell’adozione di soluzioni di risparmio energetico e abbattimento delle sostanze inquinanti anche su queste “città dei mari”. Noi che ci interroghiamo sull’impatto ecologico delle nostre vacanze e che siamo responsabili delle nostre scelte, intanto, non possiamo che prendere atto del fatto che ci sono forme di vacanze ben più sostenibili della crociera.

Mare sporco -8500 relitti di navi nei mari, a rischio l’ecosistema mondiale (Nov.2010)

8500 relitti di navi nei mari

I nostri mari sempre più a rischio. L’ultimo campanello d’allarme arriva dal New Scientist che ha condotto un’indagine sui relitti di navi abbandonati sui fondali dei 7 mari. Secondo un accurato censimento si stima che i relitti siano circa 8.500, per lo più risalenti alla seconda guerra mondiale oltre che a svariate petroliere affondate nel corso degli anni. Per restare nei nostri paraggi, nel Mediterraneo abbiamo 360 imbarcazioni pronte a far fuoriuscire il loro carico di morte

Un vero rischio per l’ambiente, non solo marino. Basti solo pensare che nelle stive di questi navi sono presenti circa 20 milioni di tonnellate di carburante, venti volte la marea nera chenha invaso il Golfo del Messico. L’azione corrosiva del mare in questi anni ha messo a dura prova la resistenza dei serbatoi, che non sono i soli ad essere a rischio. Non vanno infatti dimenticate le innumerevoli armi chimiche, come l’iprite che pur essendo vietata è presente in un po’ tutti i relitti, o le bombe inesplose.

In Italia al largo di Ischia, Manfredonia e Pesaro vi sono relitti contenenti armi chimiche che rappresentano una seria minacca per tutto l’ecosistema. Nel corso degli anni si è preferito tenere in mare queste potenziali bombe ecologiche in quanto, i costi per una bonifica o per un recupero sono elevatissimi.

Una soluzione potrebbe arrivare dalla cosiddetta “protezione catodica” che prevede l’introduzione di anodi sacrificali nei serbatoi danneggiati che ne frenano la corrosione. Al tempo stesso la “protezione catodica” innalza il livello del Ph locale permettendo la formazione dei depositi marini che possono proteggere lo scafo. Urguno interventi seri e concreti, in caso contrario tutti i nostri mari ed i loro unici ecosistemi rischiano di sparire per sempre.

Mare sporco -La mappa delle navi dei veleni

 

La mappa delle navi dei veleni

La mappa delle navi dei veleni it 1 ASOgr 2 Andalusiait 3 Misurinagr 4 Athina Rcy 5 Captain Petrosit 6 Barbarait 7 Silenziopa 8 Elbecy 9 Sofiahn 10 Harisit 11 Monte Pellegrinoit 12 Michigancy 13 Panayotait 14 Maria Pia M.mt 15 Rigeltr 16 Celiktrans IIlk 17 Four Star Imt 18 Eden Vmt 19 Annivc 20 Despoag 21 Cte Rocioit 22 Rossoit 23 Alessandro Primoro 24 Scaienial 25 Yvonne Avc 26 Cunskivc 27 Marinetavc 28 Old Fathermt 29 Marco Poloal 30 Korabi Durresmt 31 Saray Startr 32 Gulten Islamogluhr 33 Rothr 34 Ricultr 35 Esramit 36 Niviaag 37 Coralinetr 38 Bilsel-1cy 39 Kaptan Manolis Isy 40 Anis Rosehn 41 Sealvanamarpa 42 Kiragr 43 Dystostr 44 Onur Khn 45 Libertabz 46 Caribbz 47 Liravc 48 Black Sea Tsy 49 Zakariasy 50 Nadinetr 51 Kaptan Sefertr 52 S. Ugurluhn 53 Agios Panteleimontr 54 Droguyollar IVbg 55 Osogovoit 56 Alimuriit 57 Capraiaag 58 Elena Mariatr 59 Basarigr 60 Mastropetrosgr 61 Pelmarinerhn 62 Rofaydatr 63 Yalikov IIhr 64 Boraktr 65 Barishn 66 Kostispt 67 Zafirdk 68 Thor Emiliesy 69 Lina Startr 70 Orsaytr 71 Hasatvc 72 Eurobulker IVgr 73 City of Hydrakn 74 Matth

Il Manifesto ci fa sapere che su infondoalmar.info c’è la mappa delle navi dei veleni affondate. Tutte e 70! ANDATE Su http://www.infondoalmar.info/è interattivo

Mare sporco -navi militari affondate nel corso della Seconda Guerra Mondiale

Navi militari affondate nel corso della Seconda Guerra Mondiale

Dove sono andate a finire le migliaia di navi militari affondate nel corso della Seconda Guerra Mondiale? In fondo al mare si nascondono migliaia di relitti pericolosi, delle vere bombe ecologiche molto inquinanti, costituite dai relitti delle navi, e dagl ordigni inesplosi contenuti al loro interno. Il nostro Mar Mediterraneo è quello più coinvolto, ed in esso la minaccia è rappresentata dall’iprite. L’allarme viene lanciato dal mensile Focus, dopo che di recente era stato il New Scientist a sollevare la questione attraverso l’intervento di due esperti internazionali di sicurezza marina, Trevor Gilbert e Dagmar Etkin, i quali hanno calcolato che in tutti i mari del mondo i relitti potenzialmente inquinanti sono 8.569.

Nel Mediterraneo se ne contano 361 e, a causa dei processi corrosivi, potrebbero presto rilasciare in mare una quantità di carburante 20 volte superiore a quella uscita dalla piattaforma della BP nel Golfo del Messico. Come scrive il mensile, non esistono accordi internazionali per far fronte all’emergenza: la responsabilità delle navi è dei loro armatori, ma in molti casi i proprietari originari sono morti, e ripulire i serbatoi sommersi costa tra i 2.300 e i 17 mila dollari a tonnellata di petrolio.

“L’allarme non è tanto per i relitti affondati ma quanto per il contenuto, soprattutto se si tratta di sostanze chimiche come l’iprite – ha spiegato il professor Nicolò Carnimeo docente di diritto della navigazione all’universita’ di Bari – Un caso specifico lo troviamo nei fondali pugliesi, precisamente sul litorale barese – ha ricordato Carnimeo – quando durante la Seconda Guerra Mondiale a seguito di un attacco subito dal porto di Bari, navi con a bordo l’iprite vennero affondate e la sostanza chimica si riversò in mare, si pose sui fondali”.

“L’allarme quindi sta negli ordigni inesplosi, – ha ribadito Carnimeo – non solo della Seconda Guerra Mondiale, ma anche quelli della guerra dei Balcani ad esempio, scaricati in mare. E’ l’inquinamento bellico quello piu’ pericoloso, le bombe il cui involucro viene corroso nel tempo e sprigiona sostanze velenose in mare aggredendo flora e fauna. I relitti in se’ non sono un reale pericolo poiche’ vengono ricoperti, inglobati dalla fauna tanto da diventare parte del fondale marino e fare da tana per i pesci. Anche perche’ le navi affondate vengono quasi tutte messe in sicurezza, sigillate, anche perche’ i costi per il recupero dei relitti bellici sarebbero comunque ingentissimi”.

E infatti Focus denuncia che non e’ il greggio la minaccia piu’ grave. Le conseguenze peggiori sull’ecosistema e sulla nostra salute giungono da un arsenale di armi chimiche che giace in fondo al mare. Tra queste vi e’ l’iprite, una sostanza chimica pericolosissima, proibita da tutti gli accordi umanitari internazionali, che gli eserciti avevano comunque in dotazione, per rispondere a eventuali attacchi chimici nemici.

Verso la fine del conflitto le armi chimiche divennero un fardello imbarazzante da far scomparire e si decise di farle affondare. In Italia gli alleati le inabissarono al largo di Manfredonia e davanti all’Isola di Ischia, mentre Hitler ne ordino’ invece lo smaltimento nei fondali a sud di Pesaro. Dove sono tuttora, costituendo una seria minaccia per l’ecosistema. foggiapress.it

Mare sporco -La Maddalena, fondali ex Arsenale

La Maddalena, fondali ex Arsenale I Carabinieri del N.O.E. di Sassari, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania, hanno posto sotto sequestro prevenivo i 60 mila metri quadri di specchi acquei e fondali prospicienti l’ex Arsenale di La Maddalena, trasformato in hotel extralusso e affidato in gestione quarantennale alla Società M.I.T.A. (gruppo Marcegaglia) con condizioni vantaggiosissime.

E’ il risultato delle indagini relative a quel sistema gelatinoso che ha portato il programma dei lavori del G8 previsto a La Maddalena (poi trasferito a L’Aquila) a esser uno dei più lucrosi e scandalosi affari ai danni dello Stato e dei contribuenti. Indagini per ipotesi di danno erariale sono inoltre condotte dalla Procura della Corte dei conti.

Un programma farcito di illegittimità e illiceità denunciato fin da subito dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, nell’assordante silenzio – quando non nel plauso – di tantissimi soggetti, comprese associazioni ambientaliste.

La gestione bertolasiana del mancato G 8 a La Maddalena nasconde un bel segreto di Pulcinella: le bonifiche ambientali costate oltre 72 milioni di euro (24,140 milioni, secondo i dati della Protezione civile) sono state fatte male, per essere buoni.

Già lo scorso 26 aprile 2010 e il 5 dicembre 2010 erano state inoltrate dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra alla Procura generale della Corte dei conti ed alla Procura della Corte dei conti per la Regione autonoma della Sardegna specifiche segnalazioni per eventuale danno erariale determinato dalle spese di fondi pubblici per le bonifiche ambientali incomplete a La Maddalena, connesse alla mancata riunione del G8 nel 2009. gruppodinterventogiuridicoweb

Mare sporco -La Maddalena, ex Arsenale, bacino (oggi porticciolo turistico)

L’azione è stata la naturale prosecuzione delle azioni precedenti che avevano portato all’apertura da parte della Commissione europea di specifica procedura di infrazione per non corretta applicazione delle normative in materia di valutazione di impatto ambientale e di informazione a carattere ambientale del programma di lavori per gli interventi connessi alla riunione G 8, poi trasferita a L’Aquila. Infatti, la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea riguardo la mancata corretta applicazione delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale riguardo le opere già connesse con la riunione G 8 a La Maddalena venne avviata proprio in seguito al ricorso del 21 marzo 2008 (n. 2008/4372) delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra. Importantissimo ruolo nella verifica di procedure ed attuazione del G 8 ha avuto l’on. Monica Frassoni, già Presidente del gruppo Verdi/A.L.E. al Parlamento europeo ed ora Presidente dei Verdi europei. Dopo la conferma, nonostante le smentite e gli slalom di parole del Commissariato governativo per il G 8, del secondo parere motivato della Commissione europea, ne venne disposta l’archiviazione grazie al trasferimento del G 8 a L’Aquila. Eppure è rimasta la disciplina derogatoria in tema di ambiente, segreto di Stato e normativa sugli appalti pubblici. Si tratta, secondo quanto riportato da tutti i mass media in questi ultimi anni, di parte di quel sistema gelatinoso che appesta l’Italia da tempo. E i risultati si vedono.

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Mare sporcoLa Maddalena, fondali ex Arsenale

La Maddalena, fondali ex Arsenale

da La Nuova Sardegna on line , 28 maggio 2011 G8 e bonifiche, sequestrati i fondali davanti all’ex arsenale. La magistratura di Tempio ha deciso il sequestro dei 60mila metri quadrati nel mare dell’ex arsenale ancora da bonificare. Un brutto biglietto da visita per Mita Resort che pochi giorni fa aveva appena riaperto il complesso. Pier Giorgio Pinna, Gianni Bazzoni: http://lanuovasardegna.gelocal.it/sardegna/2011/05/28/news/g8-e-bonifiche-sequestrati-i-fondali-davanti-all-ex-arsenale-4296853

Mare sporco -Spiagge sporche, utenti incivili

Spiagge sporche, utenti incivili

La spiaggia libera non è un albergo (e nemmeno un cassonetto). Anche quest’anno, in occasione delle vacanze, la maggior parte di turisti e residenti si sono concessi qualche giorno di ferie per andare in spiaggia. Come ogni volta a qualche metro dallo spumeggiare delle onde un nutrito gruppo armeggia con un tavolone imbandito per un faraonico banchetto degno del lunedì di pasquetta. Poco distante un’anziana signora sta pelando una pesca e, dopo averla morsicata, lascia il torsolo sulla spiaggia, vantando la positività della decomposizione all’aria aperta.

Naturalmente anche patatine, pop corn, salatini piovono ininterrottamente tra i sassi. Tuttavia i rifiuti (soprattutto umidi e organici) sono diventati molto più frequenti e, di conseguenza, è aumentato anche il pullulare di formiche voraci e di sciami ronzanti. Così, oltre alla non proprio piacevole possibilità di calpestare a piedi nudi un frutto decomposto e marcescente, si aggiunge l’ulteriore impiccio di guardarsi dalle punture di insetti, anche tenendo conto che, in pronto soccorso, una di esse equivale a tre ore di attesa per codice bianco, una sforbiciata per levare il pungiglione e 25 € di pagamento. Dato che della pulizia della spiaggia libera nessuno se ne importa (istituzioni e non), almeno siano i cittadini che, con un po’ di senso civico (che non guasta mai), cerchino di tutelare questo importante patrimonio comune. Davide Gambetta, Rossano (Cs) Domenica 21 Agosto 2011 – 13:10

Mare sporco -Programma quattro giorni con Legambiente

 

Se tutti ci portassimo la monnezza a casa, la prossima volta troveremmo pulito e non ci vorrebbero queste giornate. *Ser* Spiagge e fondali puliti a Trani. Il programma. Quattro giorni con Legambiente domenica 25 maggio 2008 Legambiente rinnova il suo impegno per la sensibilizzazione ambientale attraverso la consueta campagna per l’annuale pulizia delle spiagge e dei fondali marini fissata anche quest’anno per l’ultimo fine settimana di maggio. Si tratta del diciannovesimo anno consecutivo e sarà un’altra utile occasione per occuparsi della salute del mare. In questi giorni Legambiente evidenzierà la necessità di intervenire concretamente per la difesa delle coste, e non solo, organizzando la consueta pulizia di spiagge e fondali, degli argini dei fiumi, delle sponde dei laghi. Un gesto piccolo, ma concreto e dal grande valore simbolico che, da oltre dieci anni, raduna migliaia di volontari lungo i nostri litorali per ripulirli dai rifiuti accumulati durante l’inverno.

Anche quest’anno, l’edizione tranese, si veste di un significato sociale straordinario sotto il profilo socio-pedagogico. Infatti aderiscono all’iniziativa adesione gli Istituti Penitenziari presenti nella Città. In questa delicatissima fase di diffusa insensibilità, di intolleranza e ostracismo verso gli stranieri e i diversi, il Circolo di Trani della Legambiente rema ostinatamente contro corrente, affermando la necessità di accogliere nelle quotidiane azioni del buon vivere sociale, coloro che hanno sbagliato e che mostrano la volontà di riscatto.

L’iniziativa, che si svolgerà in quattro giorni, rientra nell’ambito di un progetto concepito sinergicamente con la Direzione degli Istituti penitenziari rappresentata dalla dott.ssa Valeria Pirè. Il progetto è concepito, nelle fasi operative, dalla collaborazione tra il Direttore dell’area Pedagogica dott.ssa Elisabetta Pellegrini, e i responsabili del Circolo di Trani della Legambiente. L’iniziativa, inoltre, potrà attuarsi in virtù dell’apporto logistico del’A.M.I.U. e del sostegno finanziario dell’Amministrazione Provinciale di Bari che, ancora una volta, grazie all’impegno dell’Assessore alle risorse del Mare, Avv. Sebastiano DE Feudis0, contribuisce alla realizzazione di questa importante attività dalla connotazione ecologica e sociale. traniweb.it/trani

Mare sporco

Spiagge e fondali puliti a Trani

Concretamente, il progetto si attuerà facendo partecipare, insieme ai volontari ed agli studenti che eseguiranno i lavori di pulizia del litorale, anche alcuni detenuti e detenute dei locali istituti penitenziari. L’iniziativa, già attuata positivamente negli anni scorsi, contribuirà alla fase di reinserimento sociale di alcuni detenuti che potranno godere, nei giorni programmati, della libertà. Il progetto intende coniugare le finalità formative ed educative nel campo ambientale a quelle connesse all’utilità sociale ed alla integrazione ei detenuti nella società civile. Nell’ambito della manifestazione è stato effettuato un incontro formativo negli istituti penitenziari, necessario alla illustrazione delle problematiche ambientali connesse al ciclo dei rifiuti. La manifestazione della Legambiente si svolgerà su più siti degradati su cui saranno puntati i riflettori della sensibilizzazione ambientale che coinvolgeranno direttamente nel lavoro di pulizia anche le scuole, i ragazzi, gli anziani e i volontari in genere. Oltre alla rimozione dei rifiuti saranno installati, nei luoghi utilizzati per la balneazione, i contenitori per la raccolta

La prima giornata dell’iniziativa (sabato 24 maggio 2008) sarà impiegata per ripulire il tratto di spiaggia ciottolosa compreso tra il Castello Svevo e la Cattedrale. Questa porzione di litorale degradato che risulta di difficile accesso e non utilizzato per la balneazione, rappresenta, tuttavia, anche un importante biglietto da visita della Città poiché ben esposto alla vista dei turistici che si affacciano in questa bellissima zona del centro storico. La manifestazione prevede il ritrovo dei partecipanti presso Piazza Duomo a partire dalle ore 9.30. Il termine dell’attività è previsto per le ore 12.30. Seguirà, nei giorni successivi, la pulizia della spiaggia sabbiosa posta in prossimità del ‘Lido Colonna’ e denominata ‘Baia dei pescatori’. In tale giornata sarà attuata anche la pulizia dei fondali antistanti la baia di Colonna grazie ai Sub ed al supporto logistico della Lega Navale. Contribuiranno alla pulizia dei fondali anche i Sub dell’associazione di tutela ambientale ‘MAREVIVO’.

Mare sporco -Spiagge e fondali puliti a Trani

Legambiente rinnova il suo impegno per la sensibilizzazione ambientale attraverso la consueta campagna per l’annuale pulizia delle spiagge e dei fondali marini fissata anche quest’anno per l’ultimo fine settimana di maggio. Si tratta del diciannovesimo anno consecutivo e sarà un’altra utile occasione per occuparsi della salute del mare. In questi giorni Legambiente evidenzierà la necessità di intervenire concretamente per la difesa delle coste, e non solo, organizzando la consueta pulizia di spiagge e fondali, degli argini dei fiumi, delle sponde dei laghi. Un gesto piccolo, ma concreto e dal grande valore simbolico che, da oltre dieci anni, raduna migliaia di volontari lungo i nostri litorali per ripulirli dai rifiuti accumulati durante l’inverno.

Anche quest’anno, l’edizione tranese, si veste di un significato sociale straordinario sotto il profilo socio-pedagogico. Infatti aderiscono all’iniziativa adesione gli Istituti Penitenziari presenti nella Città. In questa delicatissima fase di diffusa insensibilità, di intolleranza e ostracismo verso gli stranieri e i diversi, il Circolo di Trani della Legambiente rema ostinatamente contro corrente, affermando la necessità di accogliere nelle quotidiane azioni del buon vivere sociale, coloro che hanno sbagliato e che mostrano la volontà di riscatto.

L’iniziativa, che si svolgerà in quattro giorni, rientra nell’ambito di un progetto concepito sinergicamente con la Direzione degli Istituti penitenziari rappresentata dalla dott.ssa Valeria Pirè. Il progetto è concepito, nelle fasi operative, dalla collaborazione tra il Direttore dell’area Pedagogica dott.ssa Elisabetta Pellegrini, e i responsabili del Circolo di Trani della Legambiente. L’iniziativa, inoltre, potrà attuarsi in virtù dell’apporto logistico del’A.M.I.U. e del sostegno finanziario dell’Amministrazione Provinciale di Bari che, ancora una volta, grazie all’impegno dell’Assessore alle risorse del Mare, Avv. Sebastiano DE Feudis0, contribuisce alla realizzazione di questa importante attività dalla connotazione ecologica e sociale.

Concretamente, il progetto si attuerà facendo partecipare, insieme ai volontari ed agli studenti che eseguiranno i lavori di pulizia del litorale, anche alcuni detenuti e detenute dei locali istituti penitenziari. L’iniziativa, già attuata positivamente negli anni scorsi, contribuirà alla fase di reinserimento sociale di alcuni detenuti che potranno godere, nei giorni programmati, della libertà. Il progetto intende coniugare le finalità formative ed educative nel campo ambientale a quelle connesse all’utilità sociale ed alla integrazione ei detenuti nella società civile. Nell’ambito della manifestazione è stato effettuato un incontro formativo negli istituti penitenziari, necessario alla illustrazione delle problematiche ambientali connesse al ciclo dei rifiuti.

La manifestazione della Legambiente si svolgerà su più siti degradati su cui saranno puntati i riflettori della sensibilizzazione ambientale che coinvolgeranno direttamente nel lavoro di pulizia anche le scuole, i ragazzi, gli anziani e i volontari in genere. Oltre alla rimozione dei rifiuti saranno installati, nei luoghi utilizzati per la balneazione, i contenitori per la raccolta.

La prima giornata dell’iniziativa (sabato 24 maggio 2008) sarà impiegata per ripulire il tratto di spiaggia ciottolosa compreso tra il Castello Svevo e la Cattedrale. Questa porzione di litorale degradato che risulta di difficile accesso e non utilizzato per la balneazione, rappresenta, tuttavia, anche un importante biglietto da visita della Città poiché ben esposto alla vista dei turistici che si affacciano in questa bellissima zona del centro storico. La manifestazione prevede il ritrovo dei partecipanti presso Piazza Duomo a partire dalle ore 9.30. Il termine dell’attività è previsto per le ore 12.30.

Seguirà, nei giorni successivi, la pulizia della spiaggia sabbiosa posta in prossimità del ‘Lido Colonna’ e denominata ‘Baia dei pescatori’. In tale giornata sarà attuata anche la pulizia dei fondali antistanti la baia di Colonna grazie ai Sub ed al supporto logistico della Lega Navale. Contribuiranno alla pulizia dei fondali anche i Sub dell’associazione di tutela ambientale ‘MAREVIVO’.

Lunedì 26 Maggio e Martedì 27 sarà effettuata la pulizia del litorale denominato ‘Scoglio di frisio’ e ‘Grotta Azurra’.

Da una ricerca svolta per conto di Legambiente è risultato che Spiagge e Fondali Puliti è una delle campagne più amate e seguite e rappresenta un’ottima occasione per parlare di mare e delle problematiche ad esso legate, di aree protette marine e anche di rifiuti, visto che ne vengono raccolti enormi quantitativi in un solo giorno. Purtroppo, nonostante il lavoro, la dedizione e l’impegno dei volontari, mirato alla costante informazione e sensibilizzazione, grazie al quale in questi ultimi anni sono aumentati i volontari e diminuiti i rifiuti raccolti, c’è ancora moltissimo da fare. L’insensibilità diffusa e la sciatteria sono ancora lontane dall’essere sconfitte e il mare continua ad essere considerato un’immensa discarica sommersa dove gettare impunemente qualsiasi tipo di rifiuto. In particolare in Puglia è ormai consuetudine occuparsi delle problematiche marine solo a stagione estiva inoltrata. Gli enti preposti alla pulizia delle spiagge, infatti, avviano i meccanismi istituzionali con evidente ritardo al punto che in piena stagione balneare si assiste ai lavori di pulizia o all’installazione dei cestini dei rifiuti. Avv. Pierluigi Colangelo Legambiente Trani Avv. Sebastiano De Feudis Assessore Provincia Bari Giueppe Di Ciommo Presidente Lega Navale-Sez Trani

Mare sporco -http://www.facebook.com/video/video.php?v=1159244756532&comments&set=t.100000345056482&type=1

http://www.facebook.com/video/video.php?v=1159244756532&comments&set=t.100000345056482&type=1

Quasi 600.000 volontari si sono uniti per International Cleanup di Ocean Conservancy nel mese di settembre. Volete sapere cosa hanno trovato sulle spiagge????

Mare sporco -Quasi 600.000 volontari si sono uniti per International Cleanup di Ocean Conservancy nel mese di settembre. Volete sapere cosa hanno trovato sulle spiagge????

Mare sporco -International Cleanup di Ocean Conservancy

Mare sporco -International Cleanup di Ocean Conservancy

Mare sporco -International Cleanup di Ocean Conservancy – http://www.oceanconservancy.org/our-work/marine-debris/2012-data-release.html

 Dove metto il mio telo da mare?
Scusa ….. sei tu che non hai portato a casa la monnezza tua?????????

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Mare sporco -Gallipoli pulizia dei fondali marini 8 giu 2010

Gallipoli pulizia dei fondali marini 8 giu 2010

Lo scorso 6 giugno l’Assonautica di Gallipoli ha organizzato la pulizia dello specchio d’acqua in concessione, affidando le operazioni di recupero dei rifiuti dai fondali ai sub e agli operatori soci volontari dell’Associazione subacquea di volontariato “Paolo Pinto” di Gallipoli. Già nelle settimane precedenti i sub della “Paolo Pinto”, coordinati dal vice presidente Giuseppe Sergi, con diverse immersioni, hanno proceduto a raccogliere il materiale depositato sui fondali, in appositi retini, ben 4, e in 5 cassette di plastica, riportate in superficie insieme a 15 copertoni. Complessivamente, al termine delle operazioni, sono stati riportati in superficie quasi 2 quintali di materiale vario: cime, bottiglie di plastica e in vetro, 2 ombrelli, pneumatici di varia grandezza, ferro, nasse, una sedia in plastica, 2 imbarcazioni affondate. Con l’Associazione “Paolo Pinto” hanno collaborato i sub del Centro Sub Salento di Taviano, gli uomini della Federazione Nazionale Corpo Volontari di Crispiano (Ta) coordinati dal presidente Giuseppe D’Auria, l’Associazione di Protezione Civile di Palmariggi, la C.B. Cover di Parabita. Il presidente dell’Assonautica, Carlo Taurino, e l’Associazione “Paolo Pinto” ringraziano per l’intervento il Comandante della Guardia Costiera Capitaneria di Porto di Gallipoli, Giovanni Scattola.

Mare sporco -Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo

Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo www.amptavolara.it

Grande partecipazione alla Pulizia dei Fondali Marini di Tavolara

(Olbia, 21 Set 10) Ieri, lunedì 20 settembre, si è tenuta la pulizia dei fondali marini antistati lo Spalmatore di terra di Tavolara. L’ evento, coordinato dall’ Ente Gestore dell’Area Marina Protetta, la Capitaneria di Porto di Olbia e dalla coop Axinellae, ha visto la partecipazione di 47 volontari subacquei dei centri di immersione autorizzati ad operare in AMP. Grazie al contributo del Comune di Olbia, che ha messo ha disposizione due operatori ecologici della De Vizia s.p.a., è stato possibile ripulire dai rifiuti anche la spiaggia e il retro duna dello Spalmatore di Terra. Dal fondale marino sono stati recuperati numerosi rifiuti (in prevalenza bottiglie di vetro e plastica) per un totale di 60 sacchi per un peso di circa 200 kg.

Dopo la pulizia dei fondali si è tenuta una conferenza stampa sull’isola di Tavolara alla quale hanno partecipato il Comandate della Capitaneria di Porto di Olbia C.V. (C.P.) Franco Persenda, ; l’Assessore all’Ambiente del Comune di Olbia, Dott. Marco Piro; l’Assessore all’Ambiente della Provincia Olbia-Tempio, Dott. Pietro Carzedda ; il Direttore della AMP, dott. Augusto Navone. È stata un’occasione importante per riunire gli operatori subacquei e stimolare un confronto sulla sicurezza in mare e le possibilità di crescita di un comparto economico, quello della subacquea, che l’AMP considera il traino dello sviluppo sostenibile del territorio.

Mare sporco -Brancaleone marina. I volontari ripuliscono i fondali marini

Brancaleone marina. I volontari ripuliscono i fondali marini

L’associazione “Naturalmente” impegnata nel tratto prospiciente la foce del Fiumarella. Rinvenuti pneumatici e rottami in ferro brancaleone-fondali – Scatta l’operazione fondali puliti nello specchio d’acqua di Brancaleone. Infatti, come è ormai nella consuetudine, anche quest’anno si è rinnovato l’impegno di un gruppo di volontari per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente marino.

Di fatto, l’altro ieri, l’Associazione “Naturalmente Brancaleone” ha effettuato la pulizia dei fondali marini in un tratto prospiciente alla foce del Torrente Fiumarella,coadiuvata, anche, da rappresentanti di Legambiente.

tartaruga-carettaLa manifestazione è stata supportata attivamente dall’Amministrazione Comunale nonché dal Centro Recupero Tartarughe Marine CTS di Brancaleone “Tartanet” che da anni opera sul territorio prestando soccorso agli animali feriti o in difficoltà ed assicurando una vigilanza lungo il litorale jonico di nidificazione delle tartarughe marine Caretta caretta.

La presenza di rifiuti a mare, costituiti in maniera prevalente da copertoni e rottami di ferro, è conseguenza di episodi di abbandono di rifiuti nell’alveo delle fiumare che, nel corso di eventi in piena, li trasportano in mare. Quest’anno i quantitativi recuperati sono risultati inferiori a quelli degli anni precedenti e questo rappresenta un segnale positivo testimoniando che si sono ridotti sensibilmente gli episodi di abbandono abusivo di rifiuti. In sostanza si è trattato di un buon lavoro che senz’altro arrecherà enormi vantaggi alla fauna marina con risvolti positivi sia sul piano economico che turistico. La prossima apertura del Parco Marino,denominato “Costa dei Gelsomini”, di cui il comune di Brancaleone è capofila dovrebbe, per certi versi far capire alla gente l’importanza strategica che riveste una simile istituzione preservando un luogo che per le sue peculiarità dovrebbe essere patrimonio di tutti.

Hanno partecipato all’iniziativa i seguenti volontari: per l’Associazione “Naturalmente Brancaleone” Filippo Benavoli,Filippo Armonio, Giannicola, Alessandro e Daniele Parrino, Irene Cambera, Isidoro Bonfà, Vincenzo Armonio, Giuseppe Zappia, Giuseppe e Maurizio Martelli,Ramona Badesci, Alessio Foti, Corrado Musitano e Francesco Spagna. Per Legambiente Tonino e Lorenzo Laganà. Il lavoro è stato svolto con l’ausilio di due imbarcazioni fornite da Giannicola Parrino e Giuseppe Martelli. di AGOSTINO BELCASTRO

Mare sporco -Ma il cartello fa parte della monnezza????????

 

Mare sporco -Ogni anno più di 100.000 animali marini rimangono vittime di rifiuti plastici. Una presa di coscienza è d’obbligo!!!!!

 Dove posso fare un tuffo????????

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inquinamento marino

 

Inquinamento marino

DUE TRA LE TANTE CAUSE: 1) – A causa dell’inquinamento marino per scarichi di ogni tipo in mare liquidi e solidi non ultimo tutto ciò che dalle tante navi (da crociera, da trasporto, passeggeri e da navi che non sarebbero sospettabili per il loro ruolo in mare) che solcano giornalmente le acque marine, dalle poppe ….. fugacemente e nottetempo, viene gettato di tutto (rifinti di ogni genere compresi oli combustibili ed ancora di più)

2) – A causa della pesca incontrollata e pesca “fuori legge” e senza un rispetto per i fermi biologici che dovrebbero essere dettati dalla logica, cosapevolezza oltre che dalle regole.

Il mare è sempre più povero di “abitanti” e troppo spesso dopo un’immersione, purtroppo, la mia esclamazione è ripetitiva “un mare senza pesci!!! Bei fondali atti alla vita di tante specie marine, ma ….un deserto !!!!!! ” *Ser*

LE CONSEGUENZE di oggi, … e quelle di domani? :Fish Dependence Day, addio per sempre al pesce fresco? (maggio 2011) Grosso risalto sta avendo in questi giorni una ricerca della New Economics Foundation, secondo cui in Italia l’ultimo pesce fresco è stato pescato lo scorso 30 aprile 2011. Questo vuol dire che secondo lo studio, da questo momento in poi nei nostri piatti ci sarà solo pesce importato.

E’ quello che in gergo si viene chiamato Fish Dependence Day, cioè il momento in cui in un paese non vi è più l’autosufficienza alimentare per il pesce. Il rapporto tiene quindi conto della singola capacità produttiva di quel mare confrontandola con gli abituali consumi di pesce nel paese interessato. Ad esempio nella sola Italia il consumo di pesce è stabile dal 1999 ma a causa di un impoverimento dei nostri mari siamo costretti a importare il 37% di pesce in più.

Ed in Europa qual è la situazione? Sempre secondo lo studio della New Economics Foundation, nel vecchio continente al situazione non è poi tanto ligliore. Infatti a partire dal 2 luglio 2011 inizierà la dipendenza ittica da altri mercati.

Notizie non certo confortanti che devono farci riflettere: in sostanza i mari diventano sempre più poveri ed i paesi impattati mascherano i propri problemi importando pesce da paesi extraeuropei. Se ognuno di noi non contribuirà a porre un limite allo sfruttamento incondizionato del Mediterraneo, si giungerà ad un punto di non ritorno.

Mare sporco – “Barriere Coralline ” a rischio? (27 ott.2010)

“Barriere Coralline ” a rischio?

Anche qui ricorrono cause già elencate nelle precedenti foto. In primo luogo, l’aumento delle temperature e la progressiva acidificazione degli oceani, oltre che l’inquinamento. Inoltre, lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche contribuisce a squilibrare ulteriormente questi delicati, ma vitali, ecosistemi. Allora “tuffiamoci” nel reef e poi andremo alla prossima foto “Una speranza per le barriere coralline”. *Ser*

Barriere coralline a rischio d’estinzione: è la più grave minaccia ambientale?

Forse non tutti sanno l’importanza che ricoprono nell’ecosistema terrestre le barriere coralline. Queste formazioni rocciose sottomarine, infatti, non sono solo una meraviglia naturale da ammirare, ma costituiscono anche un patrimonio insostituibile per la biodiversità, la pesca e la protezione delle coste, al punto che da un minimo di mezzo miliardo ad un massimo di un miliardo di persone si troverebbe senza risorse il giorno che le barriere coralline, già gravemente compromesse, dovessero sparire.

Questa è una delle evidenze shock contenunte in un recente studio pubblicato dal Teeb (The economics of ecosystems and biodiversity), un progetto lanciato da Germania e Commissione Europea sull’economia e la perdita di biodiversità, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite, nell’ambito del Programma Onu per l’Ambiente (Unep).

L’importanza delle barriere coralline: Seppure coprano soltanto l’1,2% della superficie terrestre, si stima che le barriere coralline siano degli ecosistemi così sofisticati da ospitare la maggior parte del patrimonio di biodiversità marina: sarebbero da 1 a 3 milioni le specie marine di casa nell’ambiente offerto dalle barriere coralline e quasi un quarto delle specie marine che dipende dalle barriere. Un’estinzione dei coralli porterebbe oggi a privare delle risorse alimentari centinaia di migliaia di persone, in gran parte in Asia, con un danno economico, oltre che umano ed ambientale incalcolabile. Cancellare il corallo dalla faccia della terra porterebbe quindi alla creazione di una nuova tipologia di “profughi ambientali”, costituita da diverse decine di milioni di persone.

Lo stato di salute delle barriere coralline e i problemi da risolvere: Ma quali sono le ragioni per cui i coralli sembrano destinati ad estinguersi? In primo luogo, l’aumento delle temperature e la progressiva acidificazione degli oceani, oltre che l’inquinamento. Inoltre, lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche contribuisce a squilibrare ulteriormente questi delicati, ma vitali, ecosistemi. Dal 1950 è già scomparso il 20% delle barriere ed un altro 20% è a rischio estinzione nel momento in cui scriviamo e quasi il 60% è minacciato da attività umane.

Quanto sopra ha fatto pronunciare una frase ad effetto a Pavan Sukhdev, il coordinatore dello studio, che ha definito l’estinzione dei coralli come “la maggiore emergenza ambientale del momento, più ancora dell’innalzamento del livello del mare“. Ascoltarlo dovrebbe essere una priorità per tutti, governi, imprese e cittadini.

Mare sporco -Una speranza per le barriere coralline (16 giu. 11)

Una speranza per le barriere coralline (16 giugno 2011)

Tutti sognano di poter ammirare almeno una volta nella vita il magico e meraviglioso spettacolo delle barriere coralline. Occupano solamente l’1% degli oceani, ma forniscono un habitat a più di un quarto delle specie marine. Purtroppo il 60% di loro rischia di essere distrutto a causa del cambiamento climatico, dell’inquinamento, della pesca insostenibile e dallo sviluppo commerciale delle coste. Una minaccia ambientale che è sistematicamente sottovalutata e che invece potrebbe avere conseguenze gravissime per l’intero pianeta.

Nonostante ciò, un’autorità in materia come Mark Spalding, scienziato marino della Nature Conservancy, rimane fiducioso e afferma che esiste ancora una speranza per la salvaguardia delle barriere coralline. Più di dieci anni fa, nel report Reefs at Risk, Spalding e colleghi avevano messo in guardia tutto il mondo in merito alla possibile scomparsa delle barriere coralline. Fortunamente questo campanello d’allarme ha scaturito centinaia di buoni esempi di una corretta salvaguardia delle barriere a livello mondiale. Ma non bisogna sicuramente sedersi sugli allori; di fatto il 75% di questi spettacolari coralli sono in condizioni degradate a causa della diminuzione del numero di pesci, della diminuzione dei coralli stessi e di banchi di alghe che ricoprono completamente il fondo del mare.

Lo sbiancamento corallino rimane sicuramente la minaccia più grande: è un sintomo di stress causato dal riscaldamento delle acque. I coralli perdono il loro colore originale e alcune importanti alghe che normalmente vivono all’interno dei loro corpi. Questo effetto disastroso sta aumento drasticamente e gli scienzati non sono ancora in grado di prevedere tutte le conseguenze di uno sbiancamento così accellerato.

La soluzione migliore, secondo Mark Spalding, è sicuramente quella di ispirarsi a quei case study di successo rappresentati da alcune comunità locali che hanno lavorato duramente per la salvezza delle barriere coralline; nel report ci sono circa 60 consigli e raccomandazioni per politici, scienzati e industrie per riuscire a non distruggere le barriere coralline e tutto il loro habitat.

I turisti invece non devono rinunciare a fare snorkeling e ad ammirare questo spettacolo della natura, ma nel farlo dovrebbero scegliere strutture alberghiere sostenibili, diminuire la loro carbon footprint e mettere in pratica tutti quei piccoli accorgimenti che potrebbero diminuire l’inquinamento.

Un’iniziativa interessante per riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica è la campagna pubblicitaria “Il Cimitero dei Coralli”. Sono state posizionate nel Mar Rosso delle lapide galleggianti, ognuna con il nome della barriera distrutta. La campagna è rivolta soprattutto ai turisti delle spiagge Nord del Mar Rosso e sottolinea l’importanza del patrimonio ambientale da salvaguardare. La salvezza degli eco-sistemi, specie quelli più delicati, passa attraverso l’impegno di tutti e l’adozione di comportamenti il più possibile ecosostenibili in viaggio. tuttogreen.it

Mare sporco -Il declino degli Oceani: allarmante il nuovo rapporto IPSO (23 Giugno 2011)

Il declino degli Oceani: allarmante il nuovo rapporto IPSO (23 Giu 11)

La scorsa settimana, l’IPSO (The International Programme on the State of the Ocean) ha redatto l’ultima scioccante analisi sullo stato degli oceani. Ciò che è emerso non è sicuramente rassicurante: è presente un alto rischio di ingresso in una fase di estinzione di specie marine mai avvenuta nella storia dell’uomo. Lo sfruttamento ittico, l’inquinamento e il cambiamento climatico stanno agendo in modo repentino, improvviso ed imprevedibile. Ecologisti, esperti di barriere coralline e scienziati di differenti categorie concordano con i risultati dell’analisi.

Alex Rogers, direttore scientifico dell’IPSO e professore di conservazione biologica presso l’Università di Oxford, spiega che lui e colleghi si sono accorti di cambiamenti inaspettati e improvvisi. Secondo Ove Hoegh-Gulberg, uno specialista di coralli dell’Università di Queensland in Australia, la questione più preoccupante sono le modalità in cui alcune le problematiche si muovono sinergicamente aumentando le minacce alla vita marina.

Per esempio, alcune sostanze contaminanti, rilasciano particelle di plastica che sono state ritrovate sul fondo dell’oceano. Queste particelle vengono ingerite dai pesci e allo stesso tempo favoriscono il trasporto delle alghe incrementando la possibilità di nascita di alghe tossiche, già ampiamente intossicate dagli scarti agricoli. L’acidificazione degli oceani, il riscaldamento, l’inquinamento locale e lo sfruttamento idrico stanno aumentando anche la minaccia alle barriere coralline, un quarto di queste rischia un preoccupante declino.

La vita sulla Terra è stata scandita da cinque grandi estinzioni causate da eventi come l’impatto di asteroidi e spesso è stato affermato che l’umanità con il suo attuale stile di vita, sta portando alla sesta grande estinzione. L’analisi afferma che l’attuale tasso di estinzione di specie marine è molto più alto rispetto al passato e sottolinea che ogni grande estinzione è stata caratterizzata da trends ben definiti che sono osservabili anche adesso, come la distorsione del ciclo del carbonio, l’acidificazione e l’ipossia delle acque marine.

Il report sarà presentato questa settimana al quartier generale delle Nazioni Unite a New York. L’IPSO raccomanda immediatamente di: – fermare lo sfruttamento ittico – creare una mappa degli agenti contaminanti e quindi ridurne l’emissione – effettuare grandi riduzioni di emissioni di gas

L’allarme è quindi alto per tutti gli oceani e mari che ci circondano, l’appello va ovviamente ai capi di stato e alla loro capacità di imporre decisioni significative per salvare una risorsa così indispensabile come i mari. Ma allo stesso tempo, va anche alla coscienza civica di ogni cittadino di qualsiasi nazionalità.

Mare sporco -Estinzione di massa negli Oceani?: rapporto da brivido… (03 agosto 2011)

Estinzione di massa negli Oceani?: rapporto da brivido…(3 agosto 11)

Un rapporto allarmante quello diffuso recentemente da un gruppo di internazionale di esperti impegnati nello studio dellecondizioni di salute delle specie marine che popolano gli oceani.

Secondo le analisi sui dati raccolti, infatti, pare che l’intero ecosistema marino sia esposto a un imminente rischio estinzione di massa senza precedenti, causato dall’effetto combinato di fattori quali l’inquinamento, l’acidificazione, il surriscaldamento, la deossigenazione e la pesca eccessivapraticata nelle acque oceaniche soprattutto negli ultimi anni. La preoccupante relazione rappresenta il frutto di un workshop sullo stato degli oceani organizzato dall’ Iucn e dall’ International programme on the state of the ocean (Ipso) che ha preso in considerazione per la prima volta l’impatto cumulativo di tutte le pressioni sugli oceani.

Il comitato scientifico ha concluso che «La combinazione di stress sull’oceano sta creando le condizioni associate ad ogni precedente importante estinzione di specie nella storia della Terra. E la velocità e il tasso di degenerazione nell’oceano è molto più grande di qualsiasi altro previsto. Molti degli impatti negativi identificati – si precisa nel rapporto – sono maggiori delle peggiori previsioni. Come risultato, anche se difficile da valutare, i primi passi significativi verso un’estinzione a livello globale possono essere iniziati, con un aumento del rischio estinzione per le specie marine come quelle della barriera corallina che formano i coralli».

Ad allarmare gli scienziati sono soprattutto le tante prove raccolte sugli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, che uniti agli impatti dannosi prodotti dall’uomo, come la pesca eccessiva e i concimi utilizzati in agricoltura e dispersi in mare, hanno già causato un drammatico declino della salute dell’oceano.

In particolare, l’aumento di ipossia e anossia (assenza di ossigeno, nota come ocean dead zones) unita al riscaldamento e l’ acidificazione degli oceani, rappresentano i tre fattori all’origine delle estinzioni di massa avvenute nella storia della Terra. «C’è una forte evidenza scientifica – sottolineano gli studiosi – che questi tre fattori si stiano combinando di nuovo nell’oceano, esacerbati da molteplici gravi stress». Il rapporto propone una serie di interventi e raccomandazioni e chiede agli stati, agli organismi internazionali e all’Onu «Di attuare misure per una migliore salvaguardia degli ecosistemi degli oceani» e in particolare chiede «L’adozione urgente di una migliore governance dei mari, in gran parte non protetti, che compongono la maggior parte dell’oceano».

Argomento già trattato il 03/01/2011 nel nodtro album su FB “Isole davvero particolari” http://www.facebook.com/media/set/?set=a.180190775335756.38897.100000345056482&type=3

Great Pacific Garbage Patch: un oceano di plastica!

Vogliamo sollevarvi un problema poco noto alle cronache: uno studio Americano ha individuato in tutti gli oceani alcune correnti circolari che raccolgono e concentrano i rifiuti, specialmente quelli plastici: pare siano sette che nel tempo tendono a trasformarsi in immense discariche galleggianti, La più grande si chiama Great Pacific Garbage Patch e alcuni sostengono che sia grande tre volte la superficie della Spagna!

Una testimonianza diretta della Great Pacific Garbage Patch ci arriva dal velista americano Charles Moore esperto in crociere in solitaria: “Per miglia e miglia di navigazione salivo sul ponte e intorno a me c’era solo plastica”,

Per far conoscere il problema delle discariche galleggianti all’opinione pubblica mondiale inoltre David de Rothschild, erede della famiglie più ricche del mondo e convinto ambientalista ha compiuto una crocieradi ben 8mila miglia con 25 giorni di traversata, da San Francisco a Sidney, a bordo di un catamarano di diciotto metri costruito con 12.500 bottiglie di plastica e denominato appunto Plastiki.

David de Rothschild all’arrivo ha dichiarato “Quello che dobbiamo fare è cambiare atteggiamento, imparare a riciclare e a non gettare immondizie e plastica in mare”.

World Ocean Day – 8 Giugno

World Ocean Day  ed   Earth Day

Ogni anno 8 Giugno: World Ocean Day:giornata mondiale degli oceani ed ogni anno la giornata Mondiale Della Terra: Earth Day, 22 aprile

Si festeggia in tutto il mondo la giornata mondiale degli oceani (World Ocean Day) organizzata dal World Ocean Network, con manifestazioni ed eventi in tutto il mondo. La giornata mondiale degli oceani nacque nel 1992 nella conferenza di Rio de Janeiro ed ogni anno da allora si ripete per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sull’importanza degli oceani per l’ecosistema mondiale ed il tema dell’edizione 2011 è “Our oceans: greening our future”

Molti gli esempi simbolici, ad esempio a New York l’Empire State Building sarà illuminato di blu viola e bianco, mentre in Italia si terrà a Roma la mostra fotografica Pelagos – Festival Internazionale del Mare.

earth day – Giornata mondiale della terra 22 Aprile

Plastic Dining Room: a Vancouver

FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA: riciclato materiale per il ristorante. Plastic Dining Room: a Vancouver il ristorante che galleggia su bottiglie riciclate (17 sett.2010) Non tutta la plastica che galleggia in mare è negativa: il Plastic Dining Room un ristorante galleggiante su di un “tappeto di bottiglie di plastica” che sono state riciclate, ben 1675 per l’esattezza.

Tutto il resto del Ristorante Plastic Dining Room è comunque ricavato da materiali riciclati come il legno mentre il fabbisogno energetico è soddisfatto tramite un’installazione di Pannelli solari.

Il menu del Plastic Dining Room è di soli prodotti locali, per ridurre le emissioni di Co2 necessarie per il trasporto. Insomma ci sembra davvero il ristorante più Tuttogreen che abbiamo mai visto, se avete la fortuna di passare per Vancouver una cena è d’obbligo.

Mare sporco -I pesci ingeriscono plastica nei mari

I pesci ingeriscono plastica nei mari

uno studio americano ci dice per la prima volta quanto (27 giu.2011) La produzione mondiale di plastica supera i 250 milioni di tonnellate l’anno e richiede l’impiego di circa l’8% della produzione mondiale di petrolio. Per i rifiuti successivamente prodotti solo il 3% è riciclato, mentre il restante è disperso in ambiente dall’uomo, abbandonato in terreni agricoli, fiumi e mari (ben sette milioni di tonnellate finisce negli oceani).

L’analisi condotta dalla Scripps Institution of Oceanography dell’Università di California, effettuata tramite una spedizione in Oceano Pacifico nell’agosto 2009 e pubblicata recentemente sulla rivista Marine Ecology Progress Series, fornisce per la prima volta dati concreti riguardo le conseguenze di tali cattive abitudini.

Il gruppo di ricercatori ha viaggiato per centinaia di chilometri nell’oceano Pacifico settentrionale per raccogliere esemplari di pesce: più del 9 per cento del pescato aveva piccoli pezzi di plastica nello stomaco. Dall’elaborazione dei loro risultati è emerso che i soli pesci che abitano il nord dell’oceano Pacifico ingeriscono tra 12.000 e 24.000 tonnellate di plastica l’anno. L’effetto della presenza di questi rifiuti è devastante non solo per gli abitanti dei mari, ma per la sopravvivenza dell’ecosistema, in quanto si può impedire alla luce solare di raggiungere il fondo marino, arrestando cosi anche la crescita delle alghe autoctone, come si evidenziava anche in questo articolo Great Pacific Garbage Patch: un oceano di plastica!.

Un primo passo per l’eliminazione di tale forma di inquinamento è stato compiuto anche dal Governo italiano. Da gennaio 2011 sono stati, infatti, messi al bando i sacchetti di plastica utilizzati per la spesa non conformi alla norma tecnica comunitaria EN 13432 a seguito di un divieto sancito dall’Europa. Si bandisce, in tal modo, la busta in polietilene, un materiale i cui tempi di degradazione vanno dai 100 ai 1000 anni. Al suo posto saranno disponibili materiali più biodegradabili e quindi ecologici, composti principalmente da farina, amido di mais, grano e altri cereali.

Come viene riciclata la plastica? (19 giu. 2010)

La plastica, intesa come nome generico di un gruppo di materie polimeriche, è uno dei materiali più comuni, ma anche più inquinanti e difficili da smaltire, tra quelli che si ritrovano nei rifiuti solidi.

Le materie plastiche, infatti, non sono biodegradabili e possono resistere anche per centinaia di anni all’azione degli agenti atmosferici; molte di esse, inoltre, se incenerite generano sostanze estremamente tossiche, come la diossina. Per questo motivo il metodo più efficace per lo smaltimento dei rifiuti in plastica è il riciclaggio, che però è possibile solo per alcuni tipi di plastica, e in ogni caso comporta costi e risultati variabili a seconda del materiale utilizzato.

Le tipologie di plastica riciclabile sono 7, ciascuna identificata da un codice riportato anche sulla confezione del prodotto o dell’oggetto: PET, HDPE, PVC, LDPE, PP (polipropilene), PS (polistirene) e altri. I primi due tipi sono quelli più facilmente riciclabili e proprio per questo vengono utilizzati per la produzione di imballaggi per prodotti alimentari di largo consumo. In particolare, il PET (polietilene tereftalato) è il materiale comunemente utilizzato per le bottiglie di plastica e può essere riciclato con due metodi: quello meccanico è più economico, ma non permette di riutilizzare il materiale per usi alimentari, mentre quello chimico è in grado di riportare i polimeri allo stato originale, scomponendoli in una serie di materie prime che possono successivamente essere usate per la produzione di nuovo PET.

Questo secondo metodo è applicabile anche al PVC ma, dati i suoi costi elevati, può essere preso in considerazione solo per grandi quantità di materiale da riciclare. In generale, quello economico è il problema più rilevante nel riciclaggio della plastica: per alcuni materiali, specialmente quelli che si induriscono con il calore (termoindurenti), il processo di lavorazione può avere un costo molto superiore alla produzione di nuova plastica. Esistono poi alcune materie plastiche, come il polipropilene, che possono essere riciclate solo per un certo numero di volte (tipicamente 3 nel caso del PP) prima di diventare inutilizzabili.

Le diversità nel trattamento tra i vari tipi di materiale plastico comportano la necessità di una rigida divisione delle materie da riciclare, da effettuarsi in genere già nella fase della raccolta differenziata. Ad esempio, il polietilene o PVC, utilizzato per produrre i tappi delle bottiglie (oltre che componente principale dei sacchetti di plastica), dovrebbe essere separato dal PET, di cui sono composte le bottiglie stesse. Negli ultimi anni sono stati tuttavia introdotti alcuni metodi per suddividere i rifiuti plastici a seconda della materia di cui sono formati, per mezzo di detector elettronici a raggi X oppure di sistemi idraulici che distinguono i materiali in base alla loro densità. tuttogreen.it –

Mare sporco -Golfo del Messico: la marea nera è diventata il peggior disastro petrolifero nella storia (03 agosto 2010)

 

La marea nera nel Golfo del Messico potrebbe essersi aggiudicato l’infame titolo di peggior disastro petrolifero nella storia. La Guardia Costiera U.S.A. ha stimato in poco più di 4 milioni di barili di greggio l’ammontare della perdita a partire dal 20 Aprile, giorno dell’esplosione nel pozzo che ha dato origine alla colossale macchia di greggio che sta distruggendo interi ecosistemi nel Golfo del Messico, oltre a causare la morte di 11 lavoratori. Secondo statistiche del governo Statunitense, questo farebbe del disastro nel Golfo del Messico il più grave disastro petrolifero a seguito di un incidente, superando addirittura quello del pozzo Ixtoc nel 1979 sempre nel Golfo del Messico, che durò un anno. Questa è la conclusione cui è giunta una commissione d’inchiesta in data 15 Luglio, che quasi raddoppia la precedente stima di poco più di 2 milioni di barili di greggio che fino a Lunedi scorso era la stima più gettonata. La fuoriuscita di greggio è stata stimata in circa 50.000 barili di petrolio al giorno, una stima incommensurabilmente superiore rispetto a quella fatta inizialmente da BP, che aveva stimato tra i 1.000 e 5.000 barili al giorno la perdita.

Va sottolineato che maggiori perdite di petrolio nella storia si sono registrate (come quella che da 50 anni devasta il delta del Niger o quella che l’esercito Iracheno causò intenzionalmente nella prima Guerra del Golfo nel 1991), ma mai si era registrata una perdita di così ingenti dimensioni a seguito di un singolo incidente petrolifero.

La marea nera è sparita? No, ecco dov’è finita. ( 20 sett 2010)

Nelle scorse settimane le fonti ufficiali ci avevano propinato la favola secondo cui buona parte della marea nera nel Golfo del Messico sarebbe semplicemente sparita: in parte pulita dagli “spazzini” ingaggiati da BP e governo U.S.A., in parte bruciata, in parte evaporata ed in parte assorbita ed assimilata dall’ambiente.

Ecco la prova di come la natura si difende benissimo da sola, del solito inutile allarmismo ecologista, o peggio ancora della folle pretesa di salvare l’ambiente, quando l’ambiente si difende benissimo da solo, cominciavano a predicare i soliti “negazionisti“.

Un coro subito tacitato dalla realtà: uno studio della National Oceanic and Atmospheric Administration ha invece dimostrato che la sparizione è solo apparente e che il disastro del Golfo del Messico è sempre tale. Delle 770.000 tonnellate di greggio uscite dal pozzo BP nel Golfo del Messico, infatti: – il 20% è stato raccolto nelle operazioni di recupero; – il 5% è stato bruciato; – l’8% è stato disperso in acqua con l’uso di detergenti chimici; – un trascurabile 0.1% è stato pulito dalle spiegge; – un 25% è stato effettivamente distrutto da microorganismi o evaporato, in virtù delle temperature tropicali; – un 16% si è disperso naturalmente in acqua; – il rimanente 26% invece non è “sparito”, bensì si sarebbe depositato sui fondali marini, come provato da ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institute, che usando robot sottomarini hanno scandagliato i fondali, trovando enormi sedimentazioni di greggio sui fondali.

Addirittura, secondo una simulazione al computer il greggio nei fondali potrebbe risalire la costa della Florida e arrivare con le correnti subacquee in Europa l’anno prossimo, seppur estremamente diluito.

No, purtroppo il greggio fuoriuscito dalla Deepwater Horizon non è sparito – come del resto ci direbbe la sola logica – e pagheremo invece le conseguenze di questo disastro per decenni.

Marea nera: le cifre finali del disastro del Golfo del Messico (28 sett.2010)

La scorsa settimana commentavamo non senza un certa dose di esasperazione le evidenze di uno studio della National Oceanic and Atmospheric Administration, che confutava la tesi secondo cui la marea nera nel Golfo del Messico sarebbe “sparita”, riassorbita in qualche modo dalla natura.

Ebbene, proprio due giorni fa, nelle stesse acque costiere in Mississippi, Alabama e Florida, le stesse acque che il presidente Obama ha invitato i villeggianti americani a non abbandonare la scorsa estate, una equipe del Governo Federale U.S.A. munita di palette e strumenti per lo snorkeling ha confermato che anche nelle acque basse, poco sotto il livello della sabbia, si ritrovano praticamente ovunque tracce di petrolio. Conferma in un certo senso pleonastica per i bagnanti, che hanno spesso avvistato filamenti di greggio bruciato nelle onde che si infrangono sulle spiagge di questi tre stati.

E proprio la settimana dopo che il famigerato pozzo di Macondo è stato definitivamente sigillato da BP, ecco che la rivista Science pubblica i risultati del primo studio indipendente sulla portata del disastro della marea nera del Golfo del Messico: è stato calcolato che in totale sono stati riversati in mare 4,4 milioni di barili di greggio, un valore vicino a quello indicato da una recente commissione governativa. Avvalendosi di una recente tecnica per analizzare i video subacquei del camino del pozzo, è stato infatti calcolato che sono stati circa 60.000 i barili di petrolio giornalieri fuoriusciti fino alla installazione del primo “tappo”, lo scorso 15 luglio.

Deepwater Horizon si conferma essere il più grave incidente di fuoriuscita di greggio mai verificatosi nella storia. Quello che ora nessuno è in grado di dire è quali saranno le reali conseguenze per l’ambiente di questo disastro insensato.

A un anno dalla marea nera: cosa è rimasto del più grave disastro ambientale della storia (20 apr.2011)

Era il 20 Aprile di appena un anno fa, il 2010, allorché ebbe inizio nel Golfo del Messico uno dei più gravi disastri ambientali della storia umana. Una fuoriuscita di petrolio che durò per tre mesi abbondanti, sotto lo sguardo attonito di un’opinione pubblica sconcertata e indignata e coi cosiddetti Grandi della Terra, Obama in primis, ridotti all’impotenza mentre erano costretti a seguire questo disastro annnunciato.

Una storia di straordinaria grettezza, avidità e incompetenza, dalla quale si spera siano state apprese alcune lezioni. Senza troppe illusioni, in verità, tant’è vero che è notizia delle ultime settimane che il Governo Federale USA ha ripreso a concedere i diritti di estrazione del greggio in acque profonde. Ma cos’è rimasto di questo disastro a 12 mesi dalla data in cui la piattaforma Deepwater Horizon esplose, dando il via alla più scellerata fuoriuscita di petrolio della storia?

E’ rimasta una situazione ambientale che alcuni biologi definiscono “permanentemente compromessa“. Una situazione compromessa in maniera talmente grave, che per capirne gli impatti saranno necessari anni di studi, rivolti a comprendere gli effetti sulla flora e la fauna marina, il clima, la catena alimentare e tutte le altre componenti del complesso e variegato ecosistema del Golfo del Messico.

E se non bastasse, è recente la notizia secondo cui la British Petroleum riprenderà a trivellare proprio nel Golfo. Un disastro le cui proporzioni l’uomo non è nemmeno in grado di comprendere approssimativamente ad oggi.

Mare sporco -Monnezza gettata dalla poppa della nave

Eh si, anche questo …. monnezza gettata dalla poppa della nave: un racconto , una storia, realtà o fantasia? Ogni nostro lettore trarrà le personali deduzioni leggendo il nostro articolo

Mare sporco -Fondale provincia di Palermo

Per parco marino *Filmati Di Mare* il 19/08/2011 ha visitato un sito in provincia di Palermo (non possiamo rivelare dove) per valutare la posibilità di un nuovo parco. Questo è il paesaggio, la mucillagine, pesci … qui estinti ed una delle due striminzite gorgonie che abbiamo incontrato in 50 minuti d’immersione. (-22 mt) Il collettore scarica a mare li nei pressi, ma il depuratore non funziona e pesca senza regole: queste le conseguenze.

Mare sporco -Fondale provincia di Palermo

Mare sporco -http://www.facebook.com/photo.php?v=261916393829860 Un nostro Video del sito visitato: guardate e giudicate voi lo stato dei nostri mari.

http://www.facebook.com/photo.php?v=261916393829860

19/08/2011 Abbiamo visitato un sito c/o Palermo (non possiamo rilefare la zona) per verificare la possibilità di creare un parco marino 22 mt. la profondità e 20° la temp. Come potete notare tanta mucillaggine e pesci e creature marine praticamente inesistenti nonostante una buona distanza dalla costa. La causa: scarico del bocchettone fognario lì nei pressi, con il depuratore a monte NON funzionante ed in più una pesca indiscriminata e fuori ogni regola. Il sindaco e la giunta comunale non potevano credere che quello fosse il loro mare viste le condizioni precare dei fondali. *Ser*

Mare sporco -http://www.facebook.com/video/video.php?v=260573900630776&saved Un nostro Video delle foto scattate scattate

http://www.facebook.com/video/video.php?v=260573900630776&saved

Un nostro Video delle foto scattate scattate

FONDALI INQUINATI Incalcolabile il numero delle trote morte nella Maggia

Incalcolabile il numero delle trote morte nella Maggia By Alessio | Agosto 21, 2008

Prato Sornico, il giorno dopo. Oltre 3000 recuperate, un migliaio avvistate nei fondali, molte incastrate tra i sassi, e le più piccole difficilmente localizzabilitrote-inquinate.jpg “Quello che è successo nel fiume Maggia è un fatto gravissimo. Non ho mai visto una cosa simile”. Il biologo che collabora con l’Ufficio caccia e pesca Bruno Polli non usa mezzi termini per definire quel che è successo in Val Lavizzara. Polli si occupa di contare i danni lungo la tratta, di 2 km e mezzo, da Prato Sornico scendendo fino a monte dell’abitato di Broglio.

All’origine dell’ammoniaca verosimilmente fuoriuscita dalla vicina pista di ghiaccio. Un’inchiesta è in corso. Nel frattempo i guardapesca hanno recuperato 3000 trote morte alle quali bisogna aggiungere quasi un altro migliaio di pesci avvistati nei fondali e non recuperabili a causa della profondità dell’acqua. Senza dimenticare quelli rimasti nascosti tra i sassi e quelli più piccoli difficilmente localizzabili.

FONDALI INQUINATI Siracusa: Mare Inquinato Ri-Pulito, “Mediterranea” E Scarso Protagonisti

FONDALI INQUINATI Siracusa: Mare Inquinato Ri-Pulito, “Mediterranea” E Scarso ProtagonistiAttualità 8 Aprile 2009

Presentato circa un mese fa alla Provincia Regionale di Siracusa un progetto mirato al miglioramento e la ri-valorizzazione del territorio aretuseo mediante la pulizia dei litorali e dei fondali marini della città. Il progetto avanzato dall’associazione “Mediterranea”, il cui presidente è Damiano Motta, è partito con una prima immersione nelle acque del Forte Vigliena, da cui sono stati estratti materiali di ogni tipo.

L’iniziativa è stata apprezzata dal consigliere del quartiere Ortigia, Salvatore Scarso, che pertanto ha ritenuto opportuno mobilitarsi per partecipare attivamente alle fasi di svolgimento nel centro storico. Negli scorsi giorni, è stata ripulita la spiaggetta della Fonte Aretusa per poi proseguire verso il Castello Maniace. Il fondale è stato trovato in pessime condizioni, poiché colmo di sporcizia e rifiuti di ogni genere. Una pesca alternativa? No, un affronto alla straordinarietà di un paesaggio invidiato da migliaia di turisti che di questi tempi “invadono” Siracusa.

La “Mediterranea” insieme ai delegati per il quartiere Ortigia, con Salvatore Scarso in prima persona, hanno estratto dal bel mare aretuseo un’eterogenea spazzatura tra cui biciclette, fili elettrici e, ancor più grave, batterie per macchine che liberano sostanze particolarmente inquinanti.

Il mare da cartolina, splendente sotto i raggi di un ormai tiepido sole primaverile, nasconde uno scenario inammissibile, contro ogni forma di rispetto per l’ambiente. Ed una simile situazione contrasta con l’imminente evento che riunirà i ministri dell’Ambiente proprio a Siracusa. “Il nostro maggiore sbalordimento – ha dichiarato il consigliere Scarso – è scaturito dalla quantità sconsiderata di sporcizia in acqua. I cumuli di immondizia non erano sparsi, ma apparivano come una discarica dopo l’altra”.

Dieci i sommozzatori impiegati per l’asporto del materiale. Una efficace squadra che, per vocazione, si dà da fare in nome dell’amore per la propria terra. “Tengo a sottolineare – ha detto poi Scarso – che dietro questa iniziativa si è mobilitata una efficiente macchina amministrativa, che ben funziona. Posso confermare che la Giunta Comunale è stata presente. Il dott. Sansalone, dirigente del settore Ambiente, si è subito attivato per fare arrivare in ausilio una moto-ape dell’IGM. Mauro Basile, pur non essendo parte del settore Ecologia, si è messo in opera, cosi come l’assessore Alessandro Spadaro”.

Una sinergia, insomma, che fa ben sperare in una maggiore educazione civica, a partire dagli stessi cittadini per un futuro più “pulito” di questa città, contro scenografie che non si conformano con il “gioiello” aretuseo, terra di cultura, arte e turismo.

FONDALI INQUINATI 11 agosto 2010

FONDALI INQUINATI 11 agosto 2010 ] Aree protette e biodiversità | Rifiuti e bonifiche

Affondare carri armati per rifare il reef? Anche in Italia c’era (e c’è) chi aveva preso il mare come una pattumiera… Lucia Venturi

GROSSETO. Il mare è sempre stato considerato -ove più, ove meno- alla stregua di una grande pattumiera e sotto i fondali è stato gettato di tutto. Materiali che ogni tanto il mare ci restituisce o che rimangono sul fondo a suscitare la curiosità dei pesci che spesso – così come altri organismi marini- trasformano questi intrusi in alloggi, nursery o substrati su cui proliferare.

Un fenomeno noto ai subacquei che conoscono bene queste mappe di relitti sommersi che divengono luoghi dove poter ammirare fauna e flora; e che conoscono altrettanto bene i pescatori che sanno che attorno a queste carcasse di varia origine si possono più facilmente riempire le reti, perché sono punti ben popolati dai pesci.

Motivo per cui come sta avvenendo nel golfo della Tailandia, dove si vuole sperimentare l’affondamento di carri armati, vagoni ferroviari dimessi e cassonetti per la raccolta dei rifiuti ormai da rottamare per creare delle barriere di ripopolamento della fauna ittica, anche in Italia si è discusso spesso di creare una sorta di reef artificiale in Adriatico.

Mare piatto e ormai poco interessante, per quanto riguarda il versante nazionale, l’Adriatico è stato infatti oggetto di attenzione per un progetto per la creazione di una vera e propria barriera utilizzando le piattaforme offshore Eni per la trivellazione del gas, ormai in disuso e di cui il mare che lambisce le coste orientali del nostro paese è disseminato.

L’idea che tuttora accoglie consensi ma che non è mai stata realizzata, nasce dal fatto che una di queste piattaforme metanifere, il Paguro, affondata per una esplosione di gas avvenuta nel 1965 di fronte al litorale di Ravenna, è diventata un fiorente luogo di ripopolamento di specie ittiche tipiche di fondali rocciosi oltre ad ospitare varie specie di invertebrati, crostacei, molluschi e via così.

Un’area che presa a tutela da una associazione di amanti del mare, che si chiama appunto Paguro, è diventata prima zona di tutela biologica ed stata inserita quest’anno tra i Sic a mare dalla regione Emilia Romagna.

Bene. Ma da qui ad ipotizzare allora di poter realizzare un reef artificiale attraverso l’affondamento delle piattaforme metanifere (ce ne sono circa 80 e una ventina solo nel tratto tra Comacchio e Rimini) come veniva proposto con una certa enfasi alla fine degli anni 90, e come è riemerso di recente con un progetto presentato prima ad Eni e poi approdato sul tavolo del ministero dell’Ambiente, come sistema di bonifica del mar Adriatico dalla presenza di queste basi off shore, ce ne corre. Intanto perché come fa rilevare correttamente su Repubblica, Mario Sprovieri, ricercatore dell’Istituto per l’ambiente marino del Cnr, queste carcasse che vengono affondate possono contenere sostanze altamente inquinanti e che potrebbero determinare effetti difficilmente ipotizzabili sull’ecosistema in cui vengono immessi.

Così come il fatto che substrati che mimano fondali rocciosi potrebbero, nel caso dell’adriatico, determinare dei disequilibri nell’habitat marino caratterizzato quasi esclusivamente – in particolare nel tratto centrale- da fondali piatti e sabbiosi.

Tra le motivazioni che vengono portate a sostegno di questa proposta una riguardava in particolare la possibilità di innescare un indotto economico di una certa consistenza, ipotizzando la creazione di una rete di diving cui affidare la gestione di questo reef e tra le garanzie per la tutela ambientale, il fatto che prima di poter essere affondate le piattaforme debbano comunque subire un processo di bonifica per toglierne le parti inquinanti.

Se sulla prima è evidente il vantaggio sul fatto che Eni sia disponibile a bonificare queste piattaforme prima di abbandonarle nei fondali adriatici qualche dubbio pare legittimo.

Premesso che comunque Eni è obbligata per legge a smaltire correttamente le strutture che sono servite all’estrazione di idrocarburi e a ripristinare lo stato dei suoli (dei fondali nella fattispecie) il fatto di doverle bonificare toglierebbe molti dei vantaggi economici che un’operazione come questa potrebbe comportare. E comunque le garanzie che non vi sarebbero disequilibri nell’ecosistema marino per l’introduzione di queste isole di ferro non potrebbe certo darle nessuno.

Un video in tema perfetto che consiglio di non perdere “cocci e cicche” (piccolo blues di canto marino) autore il nostro amico Pietro Brescia detto il cantapoesie

Ed ora un’altro video in tema da non perdere: Una bella storia di un sacchetto di plastica

Il prossimo video: UN’ISOLA DI PLASTICA NELL’OCEANO PACIFICO!! DA VEDERE. Great Pacific Garbage Patch, vortice di plastica, vortice di spazzatura:cerchiamo di nasconderla sotto il tappeto facendo finta di niente, ma la verità è sconcertante. Stiamo ricoprendo il nostro pianeta di monnezza.

Il prossimo video:Alex Zanardi. E se domani un mondo di plastica

 “Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“

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