Storia di un amore ,Racconti di mare,Yemanjà

Storia di un amore

Articolo della serie *Racconti di mare*

Storia di un amore un racconto coinvolgente narrata magistralmente da armistral. La storia della vita di Marina del suo mare, del suo faro.  *Ser*

La mitica Yemanjà, la dea del mare – la Dea Madre, sirena che concede la vita e la morte la Dea africana degli oceani e di tutte le acque.  Il mito: Yemaya è la Dea Madre per eccellenza degli Yoruba, ossia la tradizione afro-caraibica.
E’ la Madre di tutti gli Orisha *Gli Orisha sono gli spiriti guardiani*, cui dà la vita nel suo cammino di Yembò e Odduà.
Yemaya è colei che crea, è madre della vita, e governa le acque degli oceani, dei mari e dei fiumi che conducono al mare. E poiché si ritiene che la sua vita abbia avuto inizio nel mare, si crede anche che tutta la vita sia iniziata con Yemaya.
Il suo nome è la contrazione di Yey Omo Eja, che significa “madre i cui figli sono i pesci”.
Venerata nell’africa occcidentale dagli Yoruba come Ymoja, è principalmente madre del fiume Ogùn e si dice che ogni volta che Lei si gira nel sonno, dia origine a una nuova sorgente, che poi si tramuta in fiume ovunque Lei cammini.
La storia narra di come Lei diede la vita a ben 14 degli Orisha.
Si dice che fu rapita e violentata dal suo stesso figlio, che in seguito a ciò Lei maledì, causandone la morte. Tuttavia Lei stessa scelse di morire e si recò sul picco di un monte.
Ma qui Le si ruppero le acque e si riversarono copiosamente sulla terra. E proprio dalle sue acque uterine nacque l’oceano mentre dal suo ventre uscirono i 14 Orisha, o divinità Yoruba. E’ stata moglie di Babalù Ayé, di Agallù, di Orula e di Oggùn.

La mitica Yemanjà, la dea del mare - la Dea Madre

Storia di un amore

“SONO PRONTO A SALPARE, SPERO DI RITORNARE A CASA PER LA FINE DI AGOSTO O LA PRIMA DECADE DI SETTEMBRE”…

La strinse appassionatamente tra le sue braccia forti e possenti, le asciugò le lacrime che correvano copiose sul suo viso, la baciò sulla testa mentre le accarezzava i suoi lunghi capelli. Le voltò le spalle, il tempo di tirare la corda dal molo e fu quella l’ultima volta che lo vide. Il mare calmo dell’imbrunire, cominciava a tingersi di rosso all’orizzonte. Gli ultimi raggi del sole cocente declinavano lentamente nell’acqua salata, accarezzata da una leggera brezza che quel giorno Marina nemmeno sentiva sulla sua pelle. Rimase lì in attesa, sperando che Santo si ravvedesse e tornasse indietro, ma la barca correva fino a quando sparì dal suo sguardo ingoiata dal mare che lo portava lontano da lei.
Marina era sempre vissuta con suo padre, guardiano del faro di Torre della Lanterna. Aveva cresciuto Marina a contatto con il mare, in quelle stanze dove l’inverno il vento soffiava e ululava da incutere paura, tant’è che lei in quelle notti metteva la testa sotto le coperte pregando che quella furia si placasse… Le era sempre mancata la tenerezza e il viso della madre e faceva fatica a ricordare quei tratti, quel sorriso che le spuntava sul volto per farle coraggio ogni volta che si trovava in difficoltà. Non dimenticava certo il giuramento che le fece in punto di morte: badare a quel padre che avrebbe avuto bisogno di lei del tocco di una mano femminile per riassettare la casa e preparargli da mangiare. Aveva appena 14 anni quando la madre li abbandonò per eclissarsi in un cielo stellato e da lì illuminare quel faro che nella notte indicava la strada a naviganti sorpresi dalla tempesta o che necessitavano di avvicinarsi lungo la costa per entrare in un porto sicuro.
Anni difficili quelli che vennero dopo, anni segnati da una profonda solitudine che Marina riempiva avvicinandosi a quella immensa distesa d’acqua cercando le risposte ai suoi mille perchè. Domande inevase, che tali rimanevano mentre andava alla ricerca di se stessa calpestando i ciottoli e sassi che disegnavano la strada del suo tormentato cammino. Non aveva idea di cosa potesse fare della sua vita. Non sapeva desiderare, non inseguiva sogni, la realtà era così dura da non concederle nessun tempo per pensare o volere.
Fu una notte di tempesta e di pioggia battente a dare una sterzata a quelle ore, giorni, mesi anni che procedevano allo stesso modo, dove le lancette che correvano lungo l’orologio e scandivano l’alternarsi del giorno e della notte e di tanti giorni uguali concatenati gli uni agli altri.
Quella sera il padre non abbandonò la torre del faro. C’era una piccola imbarcazione in mare e se non avesse mantenuta la rotta indicata si sarebbe ben presto sfracellata su quegli impervi scogli con grave pericolo per chi era a bordo. Stette lì fino a mezzanotte inoltrata il padre, lasciando raffreddare le aringhe marinate che Marina gli aveva preparato. Poi scese, agitato e rosso in volto. Si sedette accanto al lume e in religioso silenzio attese la nascita del nuovo giorno…il sole non spuntava mai,sembrava quasi che Dio si fosse dimenticato di colorarlo quel posto infame,nebbia e freddo il colore unico e dominante, il grigio della giornata più nebbiosa di fine novembre..
Lo trovarono adagiato sulla scogliera, privo di sensi. Lo raccolsero e lo portarono in casa. Aveva la febbre altissima e per una settimana Marina lo curò senza allontanarsi mai dal suo capezzale, fino a quando un giorno di dicembre aprì gli occhi e si guardò intorno.

Santo era un gran pezzo d’uomo di trentacinque anni, che in vita sua aveva navigato per ogni angolo dell’universo. Le sue braccia muscolose lasciavano capire che quei muscoli avevano dominato tramite corde e timoni la forza inclemente del mare. A vent’anni stanco della sua vita, aveva deciso di seguire un’altra strada, allontanandosi dalla terra ferma scegliendo il mare come unico amico e interlocutore privilegiato. Durante le sue continue avventure e approdi in isole che nemmeno apparivano sulle carte nautiche, aveva conosciuto una donna Indios. Ne era rimasto affascinato, tant’è che si era fermato a Canoa Quebrada più del dovuto. Quella donna passionale dai lunghi capelli neri, gli occhi di brace ardente lo aveva catturato nella sua rete tant’è che non aveva risposto nemmeno all’appello del padre morente che gli intimava il ritorno sul suolo natio. Ma Santo nato a Genova che aveva nel sangue acqua di mare ed il cuore indomito e lo spirito dell’avventura non sapeva rinunciare al letto caldo di Yemanjà ,che in quella lingua significa dea del mare, che placava la sua sete d’avventura, dandogli la pace, facendolo rimanere con i piedi su quella terra di spiritualità e carnalismo, sospeso tra roccia e mare. Fu il vento degli Alisei a spingere Santo a riprendere il suo viaggio. Yemanjà glielo aveva predetto: Conoscerai una donna che amerai con tutto te stesso e sarà una donna che si trova in un punto sperduto dell’universo a darti stabilità e a tenerti vicino fino a quando non ti coglierà la morte in serena vecchiaia.

Santo era per Marina, allora trent’enne la risposta a tutte le sue domande. Il mare gli aveva spalancato le porte dell’amore facendo arrivare fino a lei quell’uomo dal quale si sentiva affascinata, che gli sciorinava la storia della sua vita tra avventure, racconti di luoghi che lei nemmeno immaginava esistessero e per la prima volta si rendeva conto che la sua anima stava per congiungersi a quella di un altro essere che ormai faceva parte della sua essenza, del suo mondo. Le forze dell’universo intero erano con lei.

Trascorrevano i giorni, erano dolci le notti di luna piena quando la luna complice dei loro sguardi e del loro amore custodiva gelosamente i loro cuori unendoli sempre di più. catturandoli nella passione rendendoli schiavi uno dell’altra. Ma la felicità non dura per sempre. Ha un tempo breve e la doccia gelata arrivò all’imbrunire in quel caldo giorno di luglio, quando Santo le comunicò che era tempo di compiere il suo ultimo viaggio e affidare al destino il responso di un amore che doveva collaudare seguendo altre rotte, altre mete prima di fermarsi per sempre….

Mesi dal sapore amaro, lume acceso davanti a quella finestra, preghiere fatte al mare. erano questi i giorni di Marina, che si struggeva e aspettava quel ritorno, specie ora, che una nuova vita cresceva nel suo grembo….
Era rimasta completamente sola in quel faro dopo la morte del padre, rimasto adesso in custodia a lei, ma non sapeva davvero come fare da sola, senza nessuno se non la sua creatura che le cresceva dentro, frutto di un amore unico, che mai avrebbe cancellato ma protetto come un bocciolo che il vento vorrebbe portarsi via…..
I giorni del parto si avvicinavano in gran fretta, di Santo nessuna notizia. Viveva sospesa in un mare di vuoto e si chiedeva semmai avesse rivisto quell’uomo che prima d’andar via le aveva lasciato qualcosa di se.
Le lune avevano completato le loro fasi. era una fredda sera di dicembre. Una vigilia di Natale fatta di vento e di pioggia battente. Le mancavano le forze. Si accasciò, arrivò con fatica sul letto quel letto dove lei e santo nelle loro notti appassionate si erano giurati eterno amore…Stava per partorire e pianse disperatamente. Ad un tratto la porta si spalancò. Non era il vento. Un viso apparve, un uomo stava per varcare quella soglia.
La donna indios non si era sbagliata. Santo era ritornato per sempre da lei. Aveva capito dove mettere radici….

Armistral  (Antonella Policastrese)
Parte grafica e regia di *Filmati Di Mare*

 “Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“

 


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