Un Mondo senza SQUALI

Il ruolo degli squali nelle acque di tutto il mondo è piuttosto evidente, ma i punti oscuri e che necessitano di chiarimenti sono ancora molti.Relativamente ad alcune specie di squali che si trovano all’apice della catena alimentare, quello che è certo è che questi ultimi giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento degli equilibri dell’ecosistema marino e rappresentano dei veri e propri marcatori dello stato di salute degli oceani. E’ indubbio che la scomparsa degli squali determinerebbe un’inevitabile rottura dei delicati equilibri del mondo sommerso, con conseguenze difficilmente pronosticabili sull’intero sistema.

Uno dei ruoli degli squali ha una diretta ricaduta sulle loro prede abituali: gli esemplari più deboli o malati vengono predati con maggiore frequenza, garantendo una sorta di rafforzamento del patrimonio genetico delle specie. L’attività predatoria garantisce, inoltre, il mantenimento della popolazione entro un numero di esemplari sostenibile dal loro habitat naturale.Un recente studio di Ward et al.(2005) ha evidenziato come, a partire dallo sviluppo della pesca intensiva nei primi anni ’50 del secolo scorso, si sia potuto osservare un drastico declino nel numero di grandi predatori (squali, tonni, marlin..) nei mari e negli oceani del pianeta. Parallelamente si è assistito alla crescita abnorme delle popolazioni di pesci o mammiferi che si trovano ad occupare il gradino immediatamente successivo della catena alimentare, proliferate grazie alla scomparsa dei loro predatori naturali.Il fenomeno è stato verificato in diverse zone del mondo. Nel Golfo del Messico, ad esempio, a fronte della diminuzione del numero di esemplari di squali martello, tigre, seta e di molte altre specie, si è assistito all’aumento del numero di squali di piccole dimensioni- normalmente predati dai loro cugini più grandi – e di diverse specie di pesci ossei, con conseguenze che si potranno verificare solo tra alcuni anni. Gli studi sull’argomento sono molti, ma le conclusioni sono sempre simili. Una delle conseguenze sicuramente più preoccupanti legate alla drastica riduzione del numero di squali nelle acque del pianeta riguarda l’effetto domino a cui si sta assistendo e la cui ultima tessera a crollare sarà quella rappresentata dall’ecosistema del reef (Bascompte et al., 2005).

Immaginiamo che la pressione esercitata sugli squali non diminuisca. Ben presto ci troveremo in una situazione in cui i grandi pesci ossei predatori non avranno più alcun limitatore naturale. Ci si potrà quindi aspettare (a titolo di esempio) una proliferazione delle cernie, il cui aumento di numero porterebbe ad una diminuzione del numero di pesci pappagallo, loro prede naturali. Scomparendo questi ultimi, che sono erbivori e si nutrono di organismi vegetali che vivono sul reef, si assisterebbe ad una vera e propria proliferazione della fitomassa con conseguenze sul reef potenzialmente fatali.

Nel corso di uno studio condotto nel 2004 alle Fiji, è stata verificata una situazione molto simile a quella sopra ipotizzata. La drastica diminuzione dei predatori dalle acque dell’arcipelago ha portato alla proliferazione di specie che si nutrono principalmente di coralli, determinando una riduzione pari al 35% della superficie da loro occupata.
Moltissime popolazioni che abitano zone costiere di paesi del terzo mondo come l’Africa, l’India e lo Sri Lanka, hanno come pressoché unica fonte di proteine proprio la carne di squalo. Questo a seguito all’eccessiva pressione esercitata su altre specie dalla pesca commerciale. Sfortunatamente, così come sottolineato da numerose organizzazioni internazionali quali WildAid, nel corso dell’ultimo decennio il numero di squali è diminuito drasticamente, non risultando nemmeno più sufficiente per il sostentamento delle popolazioni di queste zone. Il declino nel numero di squali è, nella maggior parte dei casi, da imputarsi all’attività svolta da grandi pescherecci provenienti da altre zone del mondo che operano indiscriminatamente su commissione e, spesso, in violazione delle norme locali che regolamentano la pesca.

I dati relativi al numero di catture sono, sfortunatamente, molto frammentati poiché nelle zone di cui sopra non esistono ancora strumenti di monitoraggio adeguati che consentano di acquisire anche solo informazioni di larga massima.


Da stime effettuate da WildAid è emerso che nella sola India, in un quinquennio, il crollo del numero di squali catturati dai pescatori artigianali locali sia stato nell’ordine del 70%. La situazione non è migliore in Kenya, dove i pescatori di una piccola località sull’oceano Indiano segnalano che – in seguito all’arrivo dei pescherecci di grandi compagnie straniere che operano con long lines e reti a strascico– il numero di squali catturati non è nemmeno sufficiente a garantire il sostentamento della popolazione del villaggio, mentre fino a pochi mesi prima la carne in eccesso poteva essere essiccata o salata per poi essere venduta ai villaggi posti nell’interno. Anche per il Messico gli squali risultano fondamentali per il sostentamento di alcune comunità costiere di zone particolarmente povere. La carne dello squalo zambesi (C. leucas), in modo particolare, rientrava regolarmente nella dieta messicana finché anche il numero di rappresentanti di questa specie è andato declinando in modo preoccupante. Tuttavia, va tenuto presente che gli squali – essendo predatori all’apice della catena alimentare – risultano delle sorte di recettori finali di elementi inquinanti quali cadmio, piombo o metilmercurio. Questi composti sono altamente tossici ed è stato comprovato come si trovino in concentrazioni estremamente elevate non solo nelle pinne, ma anche nella carne degli squali. Il loro consumo, a meno che non ci si curi degli effetti collaterali sul lungo periodo (nausea, vomito, tremori, malformazioni dei feti, aborti ecc. ecc..), è quindi quantomeno sconsigliabile.

“Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“


2 comments

  1. Robeta ha detto:

    Un articolo molto interessante ede esaustivo sul ruolo degli squali. Complimenti . saluti Roberta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.