IL TRIANGOLO DELLE BERMUDA: teorie ed ipotesi

Le navi riemerse

Una delle prime navi a riemergere, dopo essere affondate nell’area del triangolo delle Bermude, fu la A.Ernest Miles. Questa nave colò a picco con un carico di sale, quando il sale si sciolse, la nave ritornò in superficie e in seguito fu ritrovata. La Dahama, ritenuta affondata e irrimediabilmente persa nell’aprile del 1935, con il suo equipaggio e passeggeri tratti in salvo dalla nave Rex. Qualche tempo dopo, un’altra nave, la Aztec ritrovò la Dahama perfettamente conservata alla deriva e completamente vuota. Il comandante dell’Aztec considerò la Dahama una nave misteriosamente abbandonata, il motivo che fece tornare in superficie questa nave è, a tutt’oggi, un mistero. Ma allora come spiegare le sparizioni e, in definitiva, tutti gli eventi inspiegabili che pare avvengano nell’area del triangolo?

Le spiegazioni di Mel Fisher

Mel Fisher è un esperto subacqueo che ha dedicato parte della sua vita alla ricerca di tesori sottomarini, servendosi di un particolare strumento: il magnetometro potenziato, che permette di individuare la presenza – sotto il limo dei fondali – di metalli nobili o no. In questo modo, Fisher, oltre ad ammassare una ingente quantità di dobloni d’oro ha trovato anche numerosi relitti di aerei e navi ritenuti da tempo introvabili. Sulla base dei suoi ritrovamenti e sullo stato di conservazione dei relitti, egli sostiene che parte delle scomparse avvenute nell’area del triangolo delle Bermude siano state causate da bombe inesplose da siluri carichi o da mine vaganti, risalenti alle guerre passate o ad esercitazioni attuali. Egli ritiene che l’individuazione dei relitti è resa problematica dal limo dei fondali, dalle correnti e dai così detti buchi azzurri.

I Buchi Azzurri

Cosa sono? Migliaia di anni fa erano caverne che sorgevano fra i monti della terra ferma. Oggi in seguito all’inabissamento di parti del globo terrestre, si sono riempite di acque e sono diventate i rifugi preferiti da pesci di grossa taglia, e la meta ambita di coraggiosi subacquei. Stando alle testimonianze dei coraggiosi che vi si addentrano, essi si diramano in numerosi cunicoli quasi a guisa di labirinto, al punto che molti pesci – una volta entrati – non riescono a trovare la strada d’uscita. La constatazione più interessante – almeno entro i confini del nostro discorso – è quella della presenza di fortissime correnti all’interno di queste caverne, correnti così forti da potersi equiparare a quelle di un fiume. Queste correnti si manifestano in superficie come dei vortici capaci di risucchiare ogni cosa al loro interno, anche piccole barche insieme alo loro equipaggio. Questa fascinosa possibilità ottenne fortuna grazie ad un oceanografo che, durante una serie di rilevamenti sottomarini, trovò incastrato in un buco azzurro un peschereccio, ma se questi buchi azzurri possono – forse senza eccessivo sforzo – spiegare la scomparsa di piccole imbarcazioni o barche a remi, non possono assolutamente essere chiamati in causa per giustificare la sparizione di navi o addirittura aerei.

Trombe marine

Una teoria che tenta di spiegare su basi più realistiche la possibile causa delle sparizioni improvvise di navi ed aerei, è quella che chiama in causa le trombe marine. La tromba marina è un fenomeno meteorologico costituito da un vero e proprio tornado che sfoga la sua potenza sul mare. La sua forza distruttiva può benissimo distruggere una piccola imbarcazione o un aeroplano che vola a quota a relativamente bassa. Inoltre, può precisarsi, che se di giorno è sempre possibile avvistare in tempo questi fenomeni, di sera ed in condizioni di scarsa visibilità diventa pressoché impossibile, ma tutto sommato, la tesi delle trombe marine come causa di sparizioni di navi di grossa taglia sembra improbabile, sembra più calzante la teoria che chiama all’appello un altro sconcertante fenomeno marino.

Ondate di marea

Queste sono costituite da un’improvvisa ondata di mare che nasce da un punto imprecisato del mare per cause varie, tra le quali: terremoti o frane sottomarine, pressione atmosferica, venti temporali ed uragani, eruzione di vulcani sottomarini, il tutto non per forza deve accadere nelle vicinanze del punto di manifestazione del fenomeno. Le ondate più – tristemente – famose di questa categoria sono quelle denominate tsunami, sono quelle causate da terremoti sottomarini e che hanno anche raggiunto altezze incredibili, quasi 70 metri. Gli tsunami possono sollevarsi senza alcun preavviso (poiché sono prodotte da fenomeni che il più delle volte non si avvertono sulla terraferma), la loro potenza distruttiva può capovolgere una nave o affondarla del tutto. Può anche succedere che una nave venga spezzata in due, per effetto della tensione delle onde, o addirittura che riesca a passarle indenne scalando e ridiscendendo il solco dell’onda stessa. Tra le onde di marea, chiamate in causa per giustificare la sparizione di navi nell’area del triangolo, occupano un posto di secondo piano, per dimensioni e spettacolarità ma non per potenza, le così dette onde di sessa. Generalmente queste sono prodotte da frane sottomarine. Il carattere subdolo di queste ondate, sta tutto nella difficoltà a riconoscerle quando si avvicinano. Hanno un aspetto innocuo, ma dietro ad esse si nasconde un flusso d’acqua dalla potenza dirompente, capace di distruggere una nave e spazzarne via i relitti. Queste spiegazioni possono – in un certo qual modo – soddisfare le ricerche circa le possibili cause delle sparizioni delle navi. Ma riguardo agli aerei? Accadono nel cielo fenomeni paragonabili agli tsunami o alle onde di sessa?

CAT (turbolenza di aria chiara)

Nell’atmosfera vi sono dei fenomeni che è possibile paragonare alle onde di marea, almeno per quanto riguarda gli effetti devastanti per i mezzi che vi si trovano in mezzo. A volte è possibile che un aeroplano si trovi improvvisamente sballottato da colpi di vento che non potevano prevedersi. La manifestazione più eclatante di questi colpi di vento sono le così dette turbolenze di aria chiara. Queste – chiamate anche in acronimo CAT – non possono essere previste. Sono una conseguenza che si sviluppa ai margini della corrente d’aria che “scorre” sopra la terra circa 200 nodi all’ora. Viste la potenza e l’impossibilità di prevedere questo fenomeno – che già di per sé è un mistero – non risulta difficile ammettere che un aereo può facilmente andare perduto in seguito a vuoti d’aria o sbalzi di quota dovuti a queste fortissime correnti d’aria. Ma, d’altra parte, sappiamo che il CAT è un fenomeno che esiste ma che non può considerarsi frequente o addirittura regolare. In altri termini, se esso può spiegare la perdita degli aerei senza eccessivo sforzo, ecco che però risulta difficile ammettere che tutte le volte che un aeroplano è sparito nell’area del triangolo, la sua sparizione sia stata causata dal CAT. Sono forse altre le spiegazioni che dobbiamo cercare.

Elettromagnetismo

In tutte le sparizioni – specialmente in quelle che riguardano gli aeroplani – vi è un sottile denominatore comune: squilibri più o meno gravi alle strumentazioni di bordo. E’ chiaro che questo singolare fenomeno non è passato inosservato agli studiosi del triangolo delle Bermude. Fra essi possiamo ricordare – innanzi tutto – l’autorevole opinione di Hugh Auchincloss Brown (ingegnere elettronico, autore di un bel libro Cataclysm of the Earth):

<<Vi sono buone ragioni per collegare questi strani fenomeni con il campo magnetico del nostro pianeta. […] In epoche passate si sono verificati spaventosi mutamenti nel campo elettromagnetico della Terra, e forse un altro mutamento è già in atto e si sta manifestando con questi terremoti elettromagnetici che, se giustificano la sparizione degli Aeroplani, non giustificano affatto la sparizione delle navi[…]>>.

Le aree di minor coerenza

Un interessante studio sugli effetti dell’elettromagnetismo sulla navigazione aerea è stato condotto, per conto del governo Canadese, da Wilbert B.Smith intorno ai primi anni ’50. Egli appurò che sia il magnetismo e sia la gravità, sono elementi che concorrono a queste strane tragedie aeree. La peculiarità della sua ricerca sta tutta nell’aver individuato delle aree specifiche, definite da lui stesso <<aree di minor coerenza>>, caratterizzate da un piccolo diametro (300 metri circa) ma estese considerevolmente verso l’alto. Queste aree presentano una turbolenza elettromagnetica capace di frantumare un aeroplano. Risultano – inoltre – di difficile individuazione perché soggette a repentini spostamenti: <<quando ne individuiamo una, dopo tre mesi o quattro non ne troviamo più traccia>>

L’esperimento di Filadelfia

Il principio era semplice: un campo elettrico creato in un rocchetto induce un campo elettrico ad angoli retti verso il primo. In tutto quattro campi ed ognuno costituisce un piano di spazio. Ma poiché i piani di spazio sono soltanto tre, qual è il quarto? Forse un campo di spazio gravitazionale? Secondo Jessup e Manson allacciando diversi generatori elettromagnetici si sarebbe potuto produrre questo quarto campo. Ed è questo che probabilmente successe alla marina degli U.S.A. nel 1943. In quell’anno la marina degli Stati Uniti volle sperimentare gli effetti di un forte campo magnetico su una nave in navigazione con uomini a bordo. Venne allestito un bacino nel quale venne adagiata la nave e tutt’intorno si azionarono diversi generatori di campi elettromagnetici. Appena iniziato, l’esperimento manifestò i suoi effetti. Cominciò a d alzarsi, tutta intorno alla nave una nebbiosa luce verdastra – simile a quella di cui parlavano vittime e sopravvissuti del Triangolo delle Bermude – in breve tutta la nave ne fu satura e inspiegabilmente, cominciò a sparire sotto gli occhi di coloro che erano sul molo del bacino. poi fu visibile solo la linea di galleggiamento. Anche alcuni componenti dell’equipaggio cominciarono a sparire ed era possibile individuarli solo per mezzo del contatto con le mani.

Dopo l’esperimento alcuni uomini dell’equipaggio dovettero essere ricoverati in ospedale, altri presentarono una capacità mentale acuita, altri ancora conservarono per lungo tempo gli effetti della trasformazione, divenendo affetti da fenomeni di sparizioni improvvise. In sintesi, in seguito all’esperimento di Filadelfia si appurò che un elevato campo magnetico – che nell’area del Triangolo può essere causato da fenomeni alieni – può produrre la temporanea invisibilità di un corpo anche di grandi dimensioni, con tutte le conseguenze che tale evento comporta. La ricerca sulle possibile spiegazioni riguardo alle sparizioni avvenute nell’area del triangolo non si ferma qui. Va oltre, sulla spinta di una considerazione: si è analizzato il mare in superficie, l’aria, il magnetismo e tutti i fenomeni legati alle maree, ma a questo punto l’unica ricerca da condurre è quella sottomarina. E’ probabile che nel fondo del Triangolo delle Bermude, giacciono antichi strumenti capaci di attivarsi al passaggio di navi ed aerei? Se si a chi appartengono, o meglio chi li costruì? Che funzione avevano e, in definitiva, cosa c’è sul fondale del Triangolo delle Bermude?

Il mare del Diavolo – sud est del Giappone

Tra il Giappone e le isole Bonin si estende un area di mare tristemente nota come il mare del Diavolo. Anche in quest’area si sono registrate numerose sparizioni di navi ed aeromobili al punto che il governo Nipponico ha dichiarato quell’area zona pericolosa. Nelle leggende della costa del Giappone si racconta di questo mare abitato da diavoli e mostri in attesa di mietere vittime fra gli incauti navigatori, ciò fa pensare ad una fama di sinistro timore risalente nel tempo. I fatti più eclatanti riguardanti questo tratto di mare risalgono ad un periodo compreso tra il 1950 ed il 1955, anni in cui sparirono ben 9 navi di grossa stazza con l’intero equipaggio, e tutte senza lasciare alcun relitto o scia di carburante. Anche il mare del Diavolo, presenta una caratteristica sconcertante già enunciata a proposito del triangolo delle Bermude. Nel mare del Diavolo il nord effettivo coincide con quello magnetico. La triste fama di questo tratto di mare venne consacrata proprio nel 1955 a seguito di una spedizione in quel tratto di mare, commissionata dal governo giapponese per capirne la reale pericolosità. Ebbene, la nave oceanografica, l’equipaggio e gli scienziati a bordo sparirono senza lasciar traccia lacuna. Il nome della nave era Kaiyo Maru n. 5. Sulla scia di questi strani eventi si aprì una campagna di studi, promossa in maniera indipendente da numerosi scienziati. Tra essi spiccò Ivan Sanderson con la sua avvincente e sinistra teoria.

Sanderson iniziò l’elaborazione della sua teoria dall’analisi delle principali sparizioni avvenute nel mondo. Riuscì così ad isolare sei zone sparse per gli oceani, tutte presentavano la medesima forma ed erano equidistanti. In un momento successivo delle sue elaborazioni, Sanderson, riuscì a individuare ben 12 di queste zone, di cui 5 nell’emisfero settentrionale e 5 in quello meridionale + i 2 poli. Il fatto che il Triangolo fosse quello più conosciuto e famoso, era dovuto – secondo Sanderson – al fatto che era una zona di traffico marittimo più intenso. (Per esemplificare se si lancia una pietra in mezzo ad una piazza gremita di gente ci saranno molte più possibilità di colpire qualcuno, di quante ce ne siano se la stessa pietra viene lanciata in una piazza grande come la prima, ma con circa una decina di persone). Le caratteristiche di queste zone localizzate dal prezioso lavoro di Sanderson sono sinteticamente:

La maggioranza di esse si estende verso l’Est delle masse continentali. In questi punti si incontrano correnti calde e fredde che procedono in direzioni diverse.

Questi punti sono anche punti nodali in cui le correnti in superficie girano in un senso e quelle sottomarine nel senso opposto.

Questi movimenti di collisioni e le differenze di temperature, possono spiegare – secondo Sanderson – la presenza o meglio il prodursi di vortici elettromagnetici che danneggiano le comunicazioni radio, la gravita in genere e – se assumono una certa intensità – potrebbero generare la sparizione di navi ed aerei.

Il tempo deformato

In queste aree è stato anche osservato un singolarissimo fenomeno. Alcuni voli, il cui orario era minuziosamente monitorato e controllato risultavano atterrare – dopo aver sorvolato queste zone – con tanto anticipo, che l’unica spiegazione sarebbe quella di un vento di coda di circa 800 km/h. Oppure che vi siano come dei buchi nel tempo che se presi di striscio causano solo deformazioni temporali, ma se presi in pieno producano la sparizione dell’intero velivolo. Nei primi anni ’70, uno strano incidente turbò l’intero aeroporto di Miami. Era atteso il volo 727 della National Airlines, il suo viaggio era attentamente seguito dagli uomini radar, il tempo era perfetto, e le raffiche di vento nella norma. Eppure ad un tratto l’aereo che si avvicinava a Miami (sorvolava quindi l’area del triangolo) spari dal radar. Vennero compiuti i più disparati e disperati tentativi di contattare l’aereo ma nulla. Poi quasi allo spegnersi delle speranze, dopo 10 minuti di attese ecco che i radar rilevarono di nuovo la sagoma dell’aereo. Fu contattato il pilota dell’aereo che manifestò sorpresa per la preoccupazione della torre di controllo, in quanto loro non si erano accorti di nulla. <<Amico, per 10 minuti voi non siete esistiti>>, fu la risposta della torre. Appena l’aereo atterrò, venne notato un fatto stranissimo: tutti i passeggeri, il pilota e l’equipaggio avevano nei loro orologi un ritardo di 10 minuti rispetto al tempo reale.

Gas Metano

Sembra che ci sia una soluzione alle misteriose scomparse di navi e aerei nel Triangolo delle Bermude. La colpa non sarebbe degli alieni ma del metano. La teoria è stata presentata da Anatoli Nesterov direttore aggiunto presso l’Istituto della Criosfera della Terra della sezione siberiana dell’Accademia delle scienze della Russia, che con il suo gruppo di ricerca ha osservato la possibile connessione tra accumulo di idrati di gas nelle acque dell’Atlantico e le misteriosi sparizioni nel triangolo.

La rivelazione è stata fatta durante una conferenza dal titolo “Geologia e ricchezza del petrolio del mega-bacino in Siberia occidentale”. In pratica, lo scienziato ha potuto notare che sul fondo dell’Atlantico, proprio nella regione delle Bahamas, Florida e Isole delle Bermude si sono concentrate enormi quantità di idrati di gas. Quando avvengono movimenti del suolo si formano fratture tettoniche e gli idrati di gas iniziano a decomporsi. Emerge allora il metano. Se da quelle parti si trova una nave, allora è destinata ad affondare a causa della diversa densità dell’acqua. Lo stesso effetto lo si osserva se un aereo finisce in una nuvola di metano, causato dalla dispersione degli idrati in atmosfera, e la conseguenza è che l’aereo è destinato a schiantarsi.

Queste ipotesi, conviene Anatoli Nesterov non possono essere ancora provate scientificamente, ma la presenza di gas idrati nell’Atlantico è stata confermata dal programma americano di ricerca sulle perforazioni di petrolio a metà degli anni ‘80. Gli idrati, sono delle combinazioni solide che si formano con metano e acqua in condizioni ottimali di temperatura e pressione e si ritrovano specialmente negli oceani e nelle regioni settentrionali dove è presente il permafrost.

Gli idrati naturali contenenti metano furono scoperti in URSS nel 1965 da Yuri Magakon, giovane ricercatore alla Università Goubine che segnalò l’esistenza di serbatoi di gas idrati e gas naturali. Un anno e mezzo dopo fu scoperto il giacimento di Messoyarskoyé nei pressi del Polo Nord. gli studiosi stimano che oggi le riserve di gas che si trovano negli idrati sono superiori a quelle di gas naturale e atttualmente sono censiti 220 giacimenti di idrati che potrebbero supplire alla domanda di gas.

3 comments

  1. Lacianna34 ha detto:

    Mi siete stati molto utili, grazie per le vostre teorie sul TRIANGOLO DELLE BERMUDA☺️☺️☺️

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