LE NAVI NELL’ANTICHITA’

Le prime navi in grado di tenere il mare risalgono al IV millennio a.C.; erano mosse a remi e la navigazione era facilitata dall’azione di un grosso remo situato a poppa, nel II millennio a.C. i Fenici migliorarono la costruzione delle navi, adottando la chiglia e le costole, verso il VI secolo a.C. furono costruite le prime triremi, e nel V secolo a.C. i greci avevano solo triremi.
I Romani acquisirono l’arte di costruire navi dagli Etruschi; le biremi e triremi (da guerra) romane, erano dotate di torre per arcieri e frombolieri e di una passerella per l’abbordaggio (corvo), per il trasporto delle merci, i Romani impiegavano navi tonde dette onerarie, il cui scafo dalle forme tozze presentava un notevole volume per il carico.
Sulle navi romane, la ”panatica” consisteva in orzo cotto e tostato, farina di grano impastata con olio o vino, farina di lino e semi di papavero con miele, cacio impastato con uova, vino per eccitare i rematori e, nelle feste, biscotto, formaggio, aglio e cipolla. Rematori, marinai e operai, a bordo delle triremi erano al comando del ” magister navis ” (comandante) e del ” submagister ” (comandante in seconda); i rematori però dipendevano dal “hortator” che regolava con la voce la cadenza della loro voga.
Il servizio militare in marina era compiuto tra il quattordicesimo e il quarantesimo anno: come adesso vi erano i raffermati, che si chiamavano “evocati”, e poi i ” veterani ” e gli ” emeriti ” che rimanevano a bordo oltre i limiti d’età.
I Bizantini costruirono navi derivate da quelle romane, che dotarono di due alberi con vela latina. Con tecniche diverse da quelle usate nel Mediterraneo, i Vichinghi costruirono navi dette “drakkar”, con forme molto slanciate lunghe 20-25 metri con pescaggio ridotto, attrezzate a remi e a vela.
All’inizio del medioevo si applicarono alle navi da guerra sovrastrutture che consentivano ai combattenti un dominio sull’avversario, in seguito queste sovrastrutture, divennero, parte integrante dello scafo, e servirono come alloggi: nacquero così i castelli di prora e di poppa e le navi “incastellate”.
Contemporaneamente fu inventato il timone imperniato sul dritto di poppa, le navi crebbero in dimensione, di forma piena, erano armate di un solo albero con un’enorme vela quadrata, erano poco veloci e navigavano bene solo col vento in poppa, ricorrevano all’uso dei remi in caso di bonaccia e per facilitare le manovre. L’uso delle armi da fuoco impose maggiore velocità, e capacità manovriera, oltre all’albero centrale ne fu aggiunto uno più piccolo a prua, poi un terzo a poppa con vela latina, il governo delle vele fu facilitato con l’impiego di cavi e paranchi, la nave così armata poteva allora salpare con qualsiasi vento.
Le caratteristiche acquisite nell’epoca furono conservate dalle navi sino alla fine del periodo velico, accorgimenti vari e in particolare l’aumento della superficie velica, consentirono di disporre di navi molto veloci e sicure. L’epoca moderna inizia con i primi scafi di ferro, e con l’adozione della propulsione meccanica, la scomparsa delle navi a vela, si attuò gradualmente, e occupò gran parte del XIX secolo, il passaggio tra vela e motore, richiese un lungo periodo, gli armatori e i costruttori, stentavano ad abbandonare un sistema collaudato e affidabile, per uno sconosciuto e pericoloso. All’inizio il vapore ebbe solo una funzione ausiliaria, in caso di bonaccia o per manovrare in spazi ristretti, ci vollero anni per soppiantare i velieri sulle più importanti rotte oceaniche; per tutto il XIX secolo, i velieri continuavano a crescere e a perfezionarsi, migliorando la loro tenuta, sino ad arrivare ai mitici “clipper” e i maestosi “windjammer”, con scafi e alberature metalliche, la vela offriva due vantaggi rispetto al vapore: si serviva di una fonte d’energia inesauribile e gratuita, che non sottraeva spazio alle merci a bordo per far posto al combustibile, e non creava pericoli d’incendi e d’avarie improvvise, a suo sfavore giocavano la dipendenza dal vento, pertanto non garantivano il rispetto dei tempi di viaggio, e la necessità di un maggior numero d’uomini per la manovra a parità di portata. Nel 1861 la nostra Marina nazionale aveva alcune navi a vela, tra cui le “Golette” Vigilante e Staffetta, e i “Brigantini” Intrepido, Generoso, Eridano, Colombo, Daino, Azzardoso.
La nave Eridano, fu il primo natante della marina sarda, a recarsi nel Pacifico, il Daino svolse un’intensa attività con l’istruzione d’equipaggi marittimi militari e mercantili, furono anche usati per il pattugliamento delle coste, nel debellare il fenomeno del brigantaggio, nel 1868 furono costruite cinque Golette a propulsione mista, con un motore da 175 cavalli, che consentiva gli otto nodi, e da un armamento velico di due alberi a vele auriche. Alla sua costituzione, la Regia Marina Militare Italiana, si trovò: tre Fregate, sei Corvette, sei Brigantini, cinque Trasporti, due Golette, un Bovo, un Cutter, e circa un milione di tonnellaggio di naviglio velico. Le navi a vela scomparvero definitivamente solo durante la prima Guerra Mondiale, quando le azioni corsare dei vari belligeranti fecero strage di navi a palo e golette.

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