” Moby Dick” di Herman Melville

Moby Dick (Moby-Dick or The Whale), conosciuto anche come La balena, è un romanzo pubblicato nel 1851 dallo scrittore americano Herman Melville.

La trama del libro si può riassumere assai brevemente come il viaggio di una baleniera, il Pequod, comandata dal capitano Achab, a caccia di capodogli e balene, e in particolare della enorme balena bianca (in realtà un capodoglio) che dà il titolo al romanzo. Tuttavia in Moby Dick c’è molto di più: le scene di caccia alla balena sono intervallate dalle riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche e artistiche del protagonista Ismaele, alter ego dello scrittore, rendendo il viaggio un’allegoria e al tempo stesso un’epopea epica.
Come in Tristram Shandy di Laurence Sterne, il romanzo di Melville è enciclopedico ed allo stesso tempo fortemente digressivo, la lettura deve essere accompagnata dall’interpretazione, in quanto l’autore utilizza un gran numero di citazioni di storie, epiche, shakespeariane, bibliche. Per questo motivo e per le numerose digressioni, Moby Dick può essere considerato un precursore del modernismo, in particolare di James Joyce. La lettura di Moby Dick provoca un forte senso di disorientamento, analogo al sentirsi smarrito tra le profonde oscurità dell’oceano.

È stato tradotto in italiano per la prima volta dallo scrittore Cesare Pavese, nel 1932.
All’epoca della sua prima pubblicazione, il libro non incontrò un’accoglienza favorevole, ma è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei capolavori della narrativa statunitense.

La nave Pequod

Il Pequod è la romanzesca baleniera di Nantucket, del XIX secolo, del romanzo americano Moby Dick di Herman Melville. Il Pequod e il suo equipaggio sono comandati dal capitano Achab, figura che a parte i primi capitoli, è quasi sempre presente nel corso dei tre lunghi anni di caccia alla balena. I personaggi sono per lo più membri dell’equipaggio, incluso il narratore Ismaele. La nave è definita da Melville un

« … bastimento vecchio e inusitato…; /… una nave della vecchia scuola, piuttosto piccola… /Stagionata e tinta dalle intemperie di tutti e quattro gli oceani »

Una nave che il vecchio capitano Peleg aveva adornato in modo bizzarro, fatta di trofei.

« Un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei suoi nemici »

Definita nobile e malinconica nello stesso tempo. Qui – “seminascosto nel suo bizzarro alloggio” – Ismaele incontra Peleg e in seguito Bildad, riuscendo ad entrare a far parte dell’equipaggio. La nave, nonostante i continui tentativi di Melville di dimostrare la veridicità dei fatti, è inventata poiché non si hanno notizie di una nave affondata da una balena nel periodo citato da Melville.

Ismaele

« Call me Ishmael. »
« Chiamatemi Ismaele. »
(Inizio del libro)

Ismaele è il narratore ed è attraverso i suoi occhi che è vista quest’impresa. All’inizio è effettivamente il personaggio principale, ma egli è soprattutto un narratore onnisciente, che con la sua criticità e la sua profondità talvolta scompare dalla scena per narrare e poi inserire le sue riflessioni. Egli si auto-presenta con la nota frase «Chiamatemi Ismaele» (Call me Ishmael ): il nome ha origine biblica, nel Genesi infatti Ismaele è il figlio di Abramo e della schiava Agar, cacciati nel deserto. Sicché “Chiamatemi Ismaele” è come dire “Chiamatemi esule, vagabondo”.

Ismaele dice poco di sé stesso: solo che ha le spalle un po’ larghe (La nave) e ch’è newyorkese (Parvenze, dice che va via da Manhattam menzionando gli abitanti). Solo all’inizio dice della sua avventura (Parvenze, L’amico del cuore, La sacca da viaggio, La nave), ma poi parla più che altro dei combattimenti tra uomini e balene (La prima ammainata, Flask e Stubb uccidono una vera balena, poi ci riflettono sopra, La balena morente ecc. etc; Le misure dello scheletro della balena diminuiscono? Perirà?, Cetologia, Teste e code, La raffineria ecc. etc.). Racconta però che un giorno stesse a letto perché provava a imitare gli spazzacamini, e quel giorno era il 21 agosto.

Il capitano Achab

Il capitano Achab guida l’intero equipaggio attraverso la folle impresa di caccia del candido capodoglioleviatano. Questo accanimento viene descritto da Melville come una monomania:

« Roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un’idea incurabile. »

Achab era assetato di vendetta nei confronti di quella candida balena, che, dopo aver sfondato tre lance, gli aveva tranciato e divorato una gamba. Moby Dick viene descritto come un essere maledetto e vendicativo, che distrugge le lance per puro piacere e davanti al quale anche i pescecani fuggono. La sete di vendetta di Achab però, precisa Melville, non deriva tanto dalla mutilazione fisica subita quanto da un’avversione maturata precedentemente. Melville dice:

« … venne allora che il corpo straziato e l’anima ferita sanguinarono l’uno nell’altra. »

Dopo la mutilazione e il necessario ritorno a casa si sviluppò la monomania e

« … Achab e l’angoscia giacquero coricati insieme nella stessa branda. »

L’odio di Achab verso la balena si spinge così all’estremo che..

« … se il suo petto fosse stato un cannone, gli avrebbe sparato il cuore  »

Altri personaggi

  • Queequeg è un nativo di un’isola romanzesca dell’Oceano Pacifico chiamata Kokovoko o Rokovoko. Suo padre era un Gran Capo, un Re; suo zio un Gran Sacerdote. È il primo personaggio importante incontrato da Ismaele nella Locanda dello Sfiatatoio. Sul Pequod sarà il principale ramponiere. Descritto con curiosità e rispetto da Ismaele, non si separa mai da Yojo, il suo piccolo idolo che egli venera come una divinità. È protagonista di alcuni atti eroici tra cui il salvataggio di Tastego che stava per morire dopo essere precipitato nella testa di un capodoglio morto dal quale si stava estraendo lo spermaceti.
  • Starbuck è il primo ufficiale del “Pequod”, nativo di Nantucket e quacchero di famiglia, descritto fisicamente come alto e magro, e di carattere severo e coscienzioso. Descritto come “l’uomo più cauto che si possa trovare nella baleneria”, prudente ma non codardo, sarà uno dei più riluttanti ad assecondare il folle piano di Achab. Come tutto l’equipaggio perisce in mare dopo un ennesimo tentativo di uccidere la balena bianca.
  • Stubb è il secondo ufficiale, nativo di Capo Cod, descritto come un uomo allegro e spensierato, apparentemente indifferente ad ogni pericolo e minaccia, accanito collezionista e fumatore di pipe.
  • Flask è il terzo ufficiale, nativo di Tisbury, un giovane tozzo e rubicondo, baleniere intrepido benché poco sensibile al fascino del mare. Muore per via di Moby Dick, anche se non viene scritto.
  • Tashtego è il secondo ramponiere, un indiano nativo del “Capo Allegro”, originariamente terra di guerrieri-cacciatori, che ora forniva a Nantucket molti dei suoi più audaci ramponieri.
  • Dagoo è il terzo ramponiere, “un gigantesco negro selvaggio”, imbarcatosi spontaneamente in giovinezza su una nave baleniera dal suo villaggio nativo in Africa.
  • Pip, abbreviazione di Pippin, un nero di piccola statura, suonatore di tamburello: è un marinaio un po’ stralunato e goffo; durante gli inseguimenti alle balene inevitabilmente finisce in mare e la seconda volta che accade viene abbandonato nell’oceano e ripescato solo molte ore dopo, completamente impazzito. Emarginato dall’intero equipaggio, viene invece accolto da Achab, che lo sente suo simile nella follia.
  • Fedallah è un misterioso asiatico (Parsi) dai capelli a turbante, che sembra legato come un’ombra ad Achab da un influsso quasi telepatico: sarà lui a predire con una strana profezia la fine di entrambi.

 E sulla bianca schiena dell’animale egli scaricò la somma della rabbia e l’odio provati dalla propria razza; se il suo petto fosse stato un cannone, egli, gli avrebbe sparato contro il suo cuore.

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Un falco, che aveva beffardamente seguito il pomo di maestra giù dalla sua naturale dimora tra le stelle, beccando all’insegna e molestando Tashtego, cacciò per caso la larga ala palpitante tra il martello e il legno; e in un baleno avvertendo quel sussulto etereo, il selvaggio affondato lì sotto, nel suo rantolo di morte, tenne inchiodato il martello. Così l’uccello del cielo, con strida d’arcangelo, rizzando in alto il rostro imperiale, e tutto il corpo imprigionato avvolto nella bandiera di Achab, andò a fondo con la sua nave, che come Satana non volle calare all’inferno finché non ebbe trascinata con sé, come elmo, una viva parte del cielo. Ora piccoli uccelli volarono stridendo sul vortice ancora aperto. Un tetro frangente biancastro urtò contro i suoi bordi ripidi. Poi tutto crollò, e il gran sudario d’acqua tornò a mareggiare come aveva fatto cinquemila anni fa.

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Ma il capodoglio non respira che un settimo, o una domenica, di tutto il suo tempo.

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Il coraggio più sicuro è quello che nasce da una reale conoscenza del rischio da affrontare, mentre quello che proviene dall’incoscienza è tanto pericoloso quanto la vigliaccheria.

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Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa ? non importa quanti esattamente ? avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.

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Ci sono certe bizzarre circostanze in questa strana e caotica faccenda che chiamiamo vita, che un uomo prende l’intero universo per un’enorme burla in atto, sebbene non riesca a vederne troppo chiaramente l’arguzia, e sospetti anzichenò che la burla non sia alle spalle di altri che le sue. Egli ingolla tutti gli avvenimenti, […] non importa quanto indigeribili, come uno struzzo dallo stomaco robusto inghiotte pallottole e pietre focaie. E quanto alle piccole difficoltà e afflizioni, le prospettive d’improvvisa rovina, di pericolo della vita o del corpo, tutto questo, e perfino la morte, gli sembrano ingegnosi e amichevoli colpi, allegre spunzonature nei fianchi, somministrati dall’invisibile e inspiegabile vecchio mattacchione.

 

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