La pirateria al largo delle coste somale è una minaccia costante alla navigazione tra Europa e Asia, fin dalla rivoluzione civile somala dei primi anni novanta. Dal 2005 molte organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione marittima internazionale, hanno espresso la loro preoccupazione per i rischi economici e sociali causati dalla pirateria. Per contrastare questa minaccia è stata creata un task force navale internazionale denominata Combined Task Force 150, che si assume il compito di contrastare militarmente l’azione dei pirati. Nel maggio 2008 i guerriglieri islamici che si oppongono al Governo di Transizione Federale somalo hanno attaccato i pirati. La Russia ha annunciato nel settembre 2008 di voler contribuire allo sforzo internazionale nella lotta contro la pirateria. Tuttavia è stato anche comunicato che la Marina Militare Russa condurrà autonomamente le proprie operazioni.
Nei primi anni ’90, in seguito alla rivoluzione somala e alla mancanza di un potere centrale, maturarono le condizioni ideali per la nascita della pirateria lungo le coste del Corno d’Africa. Fin dal crollo del governo centrale numerose barche da pesca straniere violavano il confini marittimi somali e prima del coinvolgimento delle milizie e degli uomini d’affari, i pirati erano principalmente interessati a garantire il rispetto dei confini nazionali. Recentemente, nel 2006 c’è stato un lieve calo della pirateria in seguito all’attività dell’Unione delle Corti Islamiche. Tuttavia in seguito alla guerra in Somalia, sempre nel 2006 c’è stato un ulteriore incremento della pirateria.
Alcuni pirati sono pescatori che dichiarano di ritenere le navi straniere una minaccia per l’economia locale. Dopo aver visto la rendita legata alla pirateria, visto che di solito vengono pagati dei riscatti per il rilascio delle navi o delle persone, i signori della guerra hanno iniziato a facilitare le azioni di pirateria, dividendo gli utili con i pirati. Il Governo di Transizione Federale somalo ha compiuto alcuni sforzi nella lotta alla pirateria consentendo a navi militari straniere di pattugliare ed eseguire operazioni militari nelle acque somale. Tuttavia questi permessi non sono sempre rilasciati dal governo di Mogadiscio, costringendo le navi da guerra straniere ad interrompere la caccia ai pirati.
Il governo del Puntland ha dimostrato di prendere in seria considerazione la lotta alla pirateria. Nel giugno 2008 il governo somalo ha inviato una lettera con la quale richiedeva l’aiuto della comunità internazionale nell’affrontare atti di pirateria contro le navi che passano al largo delle coste somale. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha approvato varie risoluzioni sulla pirateria somala, tramite le quali viene consentito alle nazioni cha hanno preso accordi con il governo federale transitorio somalo, di di entrare nelle acque territoriali e sul territorio somali per inseguire i pirati. Questa autorizzazione, sostenuta da Francia, Stati Uniti e Panamá, durerà 12 mesi. La Francia aveva inizialmente proposto di includere nella mozione anche altre zone con problemi di pirateria, come l’Africa occidentale, ma questo ha sollevato le proteste di Cina, Libia e Vietnam, che hanno voluto che l’iniziativa riguardasse solamente le acque somale.
Il diritto internazionale marittimo prevede che ogni stato che fermi, tramite una propria nave da guerra, una nave pirata, possa arrestare i suoi membri e processarli presso i propri tribunali. La pirateria è infatti il primo crimine della storia per cui sia stata prevista la giurisdizione universale. Nonostante ciò, molti pirati fermati lungo le coste somale sono stati ricondotti a terra a causa dell’incapacità e della riluttanza degli stati ad attuare effettivamente le norme internazionali e processare i pirati catturati. Per ovviare a questa situazione, prima la Gran Bretagna poi gli Stati Uniti e l’Unione Europea, hanno stipulato un trattato con il Kenya, affinché i pirati vengano processati e detenuti sul suo territorio. La terribili condizioni delle galere e del sistema carcerario keniota solleva serie preoccupazioni riguardo al rispetto dei diritti umani dei pirati.
mappa degli attacchi di pirateria nel mondo. Fonte: International Maritime Bureau
Nonostante il grande dispiegamento di forze da parte delle varie marine nazionali interessate, il fenomeno è molto diffuso e nel corso del 2009 si è spostato verso le acque più profonde, minacciando navi a centinaia di km al largo delle coste somale. Fino al 24 marzo 2010, nessun pirata era mai stato ucciso da equipaggi delle navi attaccate, che sempre più spesso imbarcano guardie private ma che fino ad ora avevano sempre usato armi non letali al solo scopo di deterrenza. In tale data, guardie a bordo della MV Almezaan, un cargo con bandiera panamense ma con proprietà negli Emirati Arabi Uniti hanno reagito con successo ad un attacco e successivamente allertato una nave di pattuglia nella zona, il cui elicottero ha trovato l’imbarcazione attaccante con sette uomini a bordo, uno dei quali ucciso dal fuoco di armi leggere. Un portavoce della forza navale dell’UE ha dichiarato una preoccupazione per la possibile recrudescenza degli attacchi, che fino ad ora hanno fatto un solo morto tra gli equipaggi delle centinaia di navi abbordate.