Trovare il corallo ,Racconti di mare, Find the coral

Trovare il corallo : realizzazione di Francesco Era

Trovare il corallo – Articolo della serie *Racconti di mare*

Uomo pesce. L’uomo, i suoi sogni, il suo mare: Francesco Era

Emozioni nel profondo Blu – Emotions in the deep blue

Abbiamo già conosciuto Francesco Era con l’articolo *Sensazioni a-100/130 metri nel blu* Un nuovo racconto che fa parte di una serie che Francesco ha chiamato “Raccontandomi”. Una storia di scelta di vita, piena di delusioni alla ricerca del corallo, la gioia per il primo corallo di Francesco e di suo fratello, il rischio corso per averlo trovato e tante emozioni in questo racconto coinvolgente e dinamico.  *Ser*

* Raccontandomi n. 1 *

Raccontandomi *Francesco*….. non potevamo più continuare così, mio fratello, che già un lavoro ce l’aveva, voleva diventare corallaro, vivere pescando il corallo; certo per nostro padre non era il massimo vedere suo figlio rinnegare il lavoro da lui donato, per un mare che tante volte restituiva corpi senza vita. Io stavo per prendere il diploma di geometra, avrei dovuto decidere cosa fare, pesare sui miei era l’ultima cosa che desideravo, con l’apnea pescando pesci e vendendoli ai ristoranti non si poteva sperare di vivere, però almeno tiravo fuori i soldi per essere un po’ più indipendente e per le spese delle attrezzature, merce rara a quei tempi. L’immersione in apnea mi piaceva, per me era tutto, in quel periodo per quella passione marinavo la scuola, il cinema, le serate con gli amici, per il mare trascuravo anche le ragazzine rinunciando ad invitanti attenzioni. Mio fratello premeva “cerchiamo il corallo” diceva, ci permetterà di vivere dal mare. Così decidemmo di sospendere la pesca dei pesci e, con la nostra piccola barchetta ormeggiata nel golfo di Cala di Volpe, iniziammo la ricerca del corallo. Sinceramente dentro ero un po’ combattuto: l’immersione con le bombole e la ricerca del corallo mi affascinava, ma allo stesso tempo, desideravo quasi di non trovarlo, ero troppo attaccato all’immersione in apnea. Iniziammo senza un gps (allora non sapevamo cosa fosse), senza un ecoscandaglio, neanche i pescatori con le reti ci aiutavano con indicazioni, dicevano che in quel mare il corallo non cresceva… niente ci fermava, la presenza in superficie dei galleggianti delle reti per le aragoste ci faceva capire che giù ci doveva essere della roccia, base essenziale per lo sviluppo del corallo. Dopo qualche mese di ricerca eravamo sul punto di dire basta, tante immersioni finivano dopo lunghe pinneggiate su fondali sabbiosi senza neanche vedere uno scoglio; in altre incontrammo tanti bei pesci, aragoste enormi, gorgonie grandi da sembrare alberi, fondali incantevoli, ma niente che ricordasse il corallo. Le spese ormai erano insostenibili: spese per la miscela del motore fuoribordo, ricarica delle bombole, attrezzature che si rompevano… il morale non era più dei migliori, sembrava che il mare tanto amato si divertisse a farci soffrire…….doveva essere l’ultimo tentativo: come gli altri giorni io, mio fratello Mario e il nostro amico e compagno d’avventura Giuseppe, da Golfo Aranci a bordo di una W golf prendemmo la strada per Cala di Volpe; lungo il percorso di circa un’ora parlammo poco, anche mentre scaricavano le attrezzature dalla macchina regnava un umore strano, speravo quasi che arrivasse un temporale come per rinviare l’agonia di quel giorno che doveva farci capire se smettere e rimanere più terrestri o continuare e realizzare il nostro sogno: vivere di mare e corallo ( strano, ma vero, si vive mangiando vita ) Sapevo che mio fratello senza trovare il corallo non avrebbe avuto la forza di dire a nostro padre” ti ringrazio, ma sono stufo del tuo lavoro”. Da parte mia, ero combattuto tra trovare il corallo e quindi, accettare di passare alle bombole e, dovere abbandonare in parte l’apnea, confortato comunque dal fatto che sempre di immersione si trattava……in distanza scorgemmo dei galleggianti, un pò più distanti altri galleggianti: capimmo che si trattava dei segnali (in gergo pedagni ) di una rete per le aragoste, solita possibilità di trovare fondali rocciosi, solito rito della vestizione e poi il tuffo giù nel blu per l’ultima speranza: “il rosso corallo”. Sulla barca il nostro compagno Giuseppe ci avrebbe assistito durante la fase della decompressione, profondità intorno ai 70 metri, tanti, se si considera che eravamo solo agli inizi e per di più a respirare aria compressa (sostituita in seguito con la più sicura miscela ossigeno/elio). Il tempo di permanenza sul fondo era stabilito di 15 minuti….grandi pinneggiate in modo che in quella breve permanenza potessimo perlustrare più fondale possibile… trovammo la roccia, ma di corallo niente… spesso i nostri sguardi si incrociavano per dirci “peggio di così …..”….uno sguardo all’orologio…15 minuti. Nello stesso istante mio fratello indicava di iniziare la risalita, in una frazione di secondo la mia mente percepì qualcosa che già conoscevo, mi fece voltare un po’ il capo e i miei occhi furono incuriositi da una macchia più scura che indicava una sorta di grotta: in quella bassa parete di roccia non era l’unica, eppure era come se qualcuno mi avesse detto “vai a vedere li in quel buco”. Era sempre mio fratello a dare l’ordine di risalita, ma quel giorno no, lo guardai e gli feci capire che volevo andare a vedere in quell’anfratto, dovevo fare in fretta, i 15 minuti erano già passati; quando mi avvicinai vidi qualcosa mai visto prima, non avevamo la torcia ( senza luce artificiale a quelle profondità si vede in bianco e nero ), emozionatissimo lo staccai dalla roccia, ero convinto che fosse corallo, ma non ne ero certo, per di più non vedendolo rosso mi confondeva le idee. Nella lenta risalita verso la superficie, tutte le attenzioni mie e di mio fratello erano per quel piccolo rametto che avrebbe cambiato la nostra vita. Spero di riuscire a trasmettervi l’emozione provata quando, verso i 15 metri dalla superficie, i colori della luce assorbiti meno dall’acqua, ridavano il colore rosso a quel rametto …..solo da quel momento avevamo preso coscienza di ciò che stavamo portando in superficie tra le mani…..io e mio fratello ci guardammo negli occhi sicuramente bagnati per l’emozione: Il corallo mi aveva chiamato… L’ho ascoltato per iniziare…… l’ho ascoltato per terminare…. per me niente accade per caso. “Una coincidenza è il caso, due sono un indizio, tre sono una prova” ……. analizzando e cercando i perchè del mio passato e del mio presente, sono venuto alla conclusione che non tutto è FRUTTO della nostra mente,anzi, la nostra mente è il frutto di altre energie esterne al nostro corpo, è capire bene queste e seguirle che fa maturare il frutto chiamato mente….

il mio viaggio continua …….. * Raccontandomi n. 2 *

Foto e testo di Francesco Era

Francesco Era: in quegli anni, mi dividevo tra scuola e mare cercando di marinare il più possibile la scuola per dedicare più tempo al mare.

 
 “Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“


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