Costiera di Positano ,Positano coast,Arcilelago Li Galli + Videos

Punta campanella e Capri. Ci stiamo inoltrando nella baia di IERANTO ed alle nostre spalle intravediamo, tra il costone e lo scoglio, Capri ed a sin dello scoglio i faraglioni

Costiera di Positano:
In Mare con *Filmati Di Mare* Sulla costiera di Positano
Punta Campanella, Baia di Ieranto, Scoglio Isca, scoglio Vetara, Isole Li Galli (il Gallo Lungo, La Castelluccia e La Rotonda)
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Questo articolo fa parte di una serie ove, idealmente, tutti i lettori di *Filmati Di Mare* erano con noi in barca. Siamo partiti da Sorrento ed abbiamo costeggiato la penisola sorrentina   (cliccare qui) fino a punta Campanella. Poi ora lasciamo, a punta Campanella, il golfo di Napoli per entrare in quello di Salerno e visitare oggi le isole de Li Galli. Il nostro gozzo, poi, ci ha portato a Capri (cliccare qui). Allora prepariamoci ad un viaggio indimenticabile, ad altri scatti da un diverso punto di vista con immagini più esclusive e riservate ai lettori amici di *Filmati Di Mare* Tutto immortalato dal mare …. oserei quasi dire da “dentro” il Mare che voi e noi amiamo tanto. Lasciamo alle nostre spalle tante meraviglie, ma ci aspetta ancora l’indescrivibile.– Sergio

Il video di produzione di *Filmati Di Mare*
Costa da Punta Campanella a Li Galli


  * Punta Campanella *

Punta Campanella

Punta Campanella era chiamata dai greci promontorio Ateneo. I greci vi edificarono un tempio alla dea Atena la cui fondazione mitica è attribuita a Odisseo (Strabone, V, 247). I romani praticarono sul luogo il culto della dea Minerva.
La presenza del tempio è attestata dalle fonti letterarie: sappiamo che nel 172 a.C., a Roma, il collegio dei decemviri decretò che, per espiare certi prodigi, si dovessero compiere sacrifici, oltre che sul Campidoglio, in Campania al tempio di Minerva. Ancora, il tempio compare anche nella Tabula peutingeriana. Per quanto riguarda l’archeologia, i ruderi tuttora visibili intorno alla torre saracena sono, con buone probabilità, dei resti del basamento di un tempio posto a sud della torre; più in basso, uscendo dal crepaccio, ai piedi dello strapiombo roccioso si è rinvenuta, non molti anni or sono, un’iscrizione in lingua osca scolpita direttamente sulla roccia, che fa riferimento al Templum Minervae soprastante; inoltre, i rinvenimenti nella zona di frammenti di ceramica, di monete e di terrecotte figurate di età preromana provengono sicuramente da una stipe votiva, riferibile con ogni probabilità proprio al santuario di Atena. Ma sulla posizione del santuario di Minerva a Punta Campanella la discussione rimane aperta. I resti di cinque terrazzamenti posti a Nord della torre sono da attribursi, con ogni probabilità, ad una villa che, data la sua posizione (la Villa Iovis di Capri è proprio di fronte), doveva essere di proprietà imperiale. Purtroppo, ben poco è rimasto di questo complesso a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici e, soprattutto, per via delle batterie poste dai Francesi al tempo di Murat per evitare lo sbarco degli Inglesi di Capri.
Oggi sul promontorio sorge la Torre di Minerva, fatta costruire da Roberto d’Angiò nel 1335, e rifatta nel 1566. La torre aveva una funzione di allarme in caso di attacchi di pirati e faceva parte di una serie di torri di avvistamento costruite lungo tutta la penisola sorrentina. Sulla torre veniva fatta suonare una campana in caso di allarme e questo è l’origine del nome di Punta Campanella.

Punta Campanella – Galleria Foto

Punta Campanella- sullo sfondo Capri

Costa di Punta Campanella

Punta Campanella- sullo sfondo Capri

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Baia di Ieranto

Abbiamo doppiato Punta Campanella e lasciato il golfo di Napoli entrando in quello di Salerno

Inoltrandosi nel golfo della baia di Ieranto

La Baia di Jeranto è l’unica insenatura intatta sull’ultimo tratto della Costiera Amalfitana. In lontananza si stagliano contro il cielo i faraglioni di Capri, tutt’intorno orti, olivi e macchia mediterranea. Luogo così ricco di malìa da essere sede delle Sirene secondo Plinio il Vecchio e dove, forse, avvenne l’incontro di Ulisse con queste figure, la Baia di Ieranto è anche uno dei rari luoghi italiani nei quali certamente che l’essere umano abbia abitato fin dalla notte dei tempi. Offre infatti tracce delle ultime fasi del paleolitico (13.000-12.000 anni fa); molto più evidente la frequentazione nel periodo eneolitico; ma tutto il promontorio viene citato dalle fonti antiche come sede di due prestigiosi templi dell’antichità, quello delle Sirene e quello di Atena. Scrive Strabone, storico e geografo greco del I sec. a.C.: “Dalle parti di Sorrento spunta fuori un certo braccio lungo e stretto verso lo stretto di Capri, il quale su una parte della montagna ha il santuario delle Sirene, dall’altro, verso il golfo di Poseidonia, ha tre isolette innanzi, deserte e sassose, che chiamano le Sirene; e su questo stretto vi è il santuario di Athena, fondazione di Ulisse”. Gli archeologi ritengono ormai che il tempio di Atena sia sul promontorio di Punta della Campanella. Più problematica l’ubicazione del Santuario delle Sirene nella Baia di Ieranto.

A seguito della campagna di scavi sono venute alla luce due fornaci circolari per la produzione della calce, i resti di un edificio, forse una villa del II secolo d.C. e frammenti ceramici. In questo percorso attraverso secoli di storia, dall’antichità all’archeologia industriale, il filo conduttore è costituito dalla figura del contadino che ha saputo assicurare alla Baia di Ieranto continuità, dall’universo del mito al Novecento industrializzato. Ma il fascino della Baia di Ieranto nasce anche dalla tenacia necessaria per potervi accedere: è stata una vera e propria scommessa infatti far tornare allo splendore originario i 47 ettari. Oltre 2 km di muretti a secco rifatti pietra su pietra; ricostruzione dei terrazzamenti per la coltivazione dell’ulivo; la cinquecentesca Torre di Montalto rinsaldata nella sua possenza; le casette dei contadini con i tetti in battuto di lapillo riprodotto con ineccepibile restauro, ricostruendo addirittura gli strumenti che si usavano all’inizio del secolo per realizzare queste ingegnose coperture; recupero della sentieristica storica; pulizia e bonifica dell’uliveto e delle aree agricole; il restauro globale del villaggio minerario della cava con le sue strutture di inizio ‘900, dalle immense tramogge agli edifici di servizio per gli operai. E’ stata riaperta l’antica cava di sabbia per realizzare malte del tutto simili a quelle originarie. E, non ultimo, il recupero della macchia mediterranea originaria, dal rosmarino all’euforbia, al ginepro e la ricolonizzazione spontanea di flora autoctona in via di estinzione. Un vero e proprio Museo all’aperto di inestimabile valore: 5 i percorsi tematici proposti al visitatore. Ora le sirene possono tornare a casa, tra la schiuma delle onde e la violacea cresta del promontorio, tra il verde dell’intricata vegetazione ed il turchese intenso del cielo. sorrentoholiday.info

La costa alla ns. sinistra mentre entriamo nella Baia di Ieranto (direzione Positano)

 Cenni storici Baia di Jeranto

Nella baia di Ieranto, lungo tutto l’arco compreso fra il Capitello e punta della Campanella, si aprono numerose grotte, alcune sulla terraferma, altre in parte o completamente invase dal mare. Ne sono segnalate tre nella seicentesca Descrittione della città di Massa Lubrense di Giovanbattista Persico: “Sotto il Tempio della Minerva v’è un bellissimo Porto verso Ponente detto comunemente Ieranto, dove v’è un braccio di monte, che si stende più d’un quarto di miglio, ivi si rinchiude il mare e vi sono tre grotte; due nel principio. La prima si chiama la Grotta di Zenzinada, la seconda Salara, la terza è nel fine, e si chiama del Capitello”. Dal Filangieri, invece, sono menzionate solo due grotte e ad esse è aggiunta quella contigua all’approdo orientale di punta della Campanella: “Altre due grotte stanno nella baia di Ieranto, quantunque il Persico (Descritt., cap.  IX, p. 41) ne nomina tre, chiamandole Zenzinada, Salara e Capitello. Alla punta della Campanella ve n’è un’altra, scavata probabilmente dal mare in un conglomerato di rocce calcaree”. Per i tempi più recenti è necessario far riferimento alle ricerche condotte dal Radmilli: in una delle grotte furono scoperte, cementate dalle stalagmiti, tracce del riempimento con strumenti del Paleolitico medio e resti faunistici.  Si tratta di lembi di un deposito simile a quelli della già ricordata grotta dello Scoglione e di una grotta dello scoglio d’Isca, mentre a grotta Cuparo fu rinvenuta industria mesolitica insieme a gusci di molluschi marini (trochus, patella), come negli strati superiori di grotta La porta, presso Positano. La situazione speleologica della baia riflette i caratteri di una morfologia costiera complessa, nella quale anche l’uomo ha causato alcuni profondi sconvolgimento.  Il più grave riguarda il versante a franapoggio della monoclinale di Montalto, che è stato deturpato in modo irreparabile da una cava impiantata nel secolo scorso e rimasta attiva fino alla prima metà del 1900. Per questo tratto, purtroppo, dobbiamo limitarci a deprecare le devastazioni avvenute, in specie se confrontiamo il paesaggio odierno con una rara testimonianza di come appariva il promontorio prima che l’estrazione del calcare ne divorasse una parte cospicua. Nelle condizioni attuali è difficile intervenire senza che nel paesaggio siano inseriti elementi posticci, con lo scopo palese di camuffare una ferita per la quale, ormai, rimane ben poco da fare.  Quindi saremmo propensi per una soluzione che, favorendo lo sviluppo della flora arbustiva spontanea di tipo mediterraneo e con la messa a dimora di talune appropriata specie arboree, rendesse meno evidenti lo sbancamento e la spianata venutasi a creare a pochi metri dalla superficie del mare. Merita qualche cenno anche l’edificio costruito sul ciglio di questo terrazzo artificiale: piuttosto che lasciarlo andare in rovina potrebbe essere restaurato, in quanto esso rappresenta, assieme a tutto il complesso, un interessante documento dell’attività estrattiva.  Sarebbe una buona occasione per raccogliere materiali e promuovere studi sulla produzione, sui metodi e le condizioni di lavoro, sulle influenze economico – sociali prodotte nei paesi vicini dallo impianto e dall’abbandono della cava. Tra i fenomeni naturali rientra, invece, un altro importante fattore da prendere in considerazione per la conoscenza e la tutela dell’ambiente di cui fanno parte le grotte costiere.  Sulla falesia al fondo della baia si distingue facilmente un’ampia conoide detritica, che scende dal S. Costanzo verso il mare.  L’erosione ne ha inciso la zona centrale, ma alcuni lembi ancora rimangono sulle due rive per un’estensione di un centinaio di meri. Per tutto il loro spessore, che raggiunge anche i dieci metri, questi conglomerati sono costituiti da una matrice in prevalenza calcarea.  In alcuni punti, però, essa risulta composta da prodotti piroclastici (ceneri, pomici, lapilli), gli stessi che a Vico Equense presentano una chiara giacitura post-tirreniana. I clasti, il cui diametro varia da qualche centimetro ad un metro, provenendo da rilievi sovrastanti, nei quali si osservano i segni dei distacchi delle masse rocciose, sono calcarei e calcareo dolomitici.  Il fatto che tali elementi siano caratterizzati dallo scarso arrotondamento dei contorni e da quel particolare tipo di deposizione, la classazione inversa, alla quale si è accennato a proposito dei tratto di costa sotto la torre di Montalto, dimostra che l’accumulo è stato provocato dalla gravità e non dall’azione delle acque superficiali, che sotto questo aspetto è stata ed è ancora trascurabile. Ad essa, piuttosto, devono essere attribuite le incisioni calancoidi che si riscontrano nella cataclasite. L’età dei conglomerati, che, essendo ben stratificati, non hanno avuto origine da un’unica frana, ma si sono formati in un lungo periodo di tempo, fu determinata dal Brancaccio sulla base di due solchi di battigia con cui possono essere posti in relazione.  Il più antico, scavato dal mare tirreniano II nei calcari del Cretacico superiore ad otto metri dalla superficie attuale, è coperto dai detriti, tanto che i fori dei litodomi sono riempiti dalla matrice calcarea e piroclastica.  Sugli stessi conglomerati, poi, ha operato la trasgressione versiliana, che vi ha inciso il solco di battigia più recente, alto due metri sul livello ora raggiunto dal mare. Quindi appare evidente che la conoide detritica è il risultato della degradazione termoclastica e crioclastica subita dalla roccia del S. Costanzo durante la glaciazione del Wúrm. Contemporaneamente e per ragioni non diverse, come è stato detto in precedenza, si sono verificati i crolli dalla volta delle grotte. Del resto una prova della formazione dei conglomerati in un periodo glaciale è data dal colore della matrice, che, non essendo stata soggetta ad ,ossidazione, è giallina, mentre sarebbe stata rossastra se questo processo avesse avuto luogo, favorito da una temperatura più elevata. Tra la conoide detritica e il versante Pezzalonga la roccia presenta a mezza costa circa una cavità bene in vista per chi la guarda dal mare, soprattutto quando le condizioni di luce sono propizie.  In particolare essa attrae l’attenzione dell’osservatore per le numerose stalattiti, che non avrebbero avuto modo di depositarsi in una posizione tanto aperta ed esposta. Tuttavia il fenomeno può essere spiegato, in quanto la cavità anzidetta costituisce l’ultimo avanzo di una grotta un tempo caratterizzata da un intenso carsismo. I crolli dalla volta e le frane ancora frequenti in questo pendio molto acclive del S. Costanzo, l’hanno demolita fino alla parte terminale, scoprendo le concrezioni che vi si erano formate. Più in basso le stratificazioni compatte e fortemente inclinate della falesia sono interrotte da una grotta ben conservata per tutta la sua lunghezza (la grotta dei Presepe) i cui contorni si stagliano precisi nella parete rocciosa, dalla quale sono avvenuti considerevoli distacchi di blocchi secondo l’inclinazione degli strati. Il mare si spinge all’interno con violenza, in specie nel corso delle tempeste suscitate dai venti dei quadranti meridionali. Quindi esso esercita un’energica azione meccanica e chimica, che ha provocato il modellamento delle stalagmiti e del pietrisco rimasto cementato nelle anfrattuosità, come nella grotta antistante lo scoglio Scruopolo. Ne sono derivate alcune forme insolite, nelle quali la fantasia popolare ha ravvisato le immagini di un fiabesco presepe di pietra. Il mare ha operato pure sulle formazioni stalattitiche e sulla volta stessa. Da questa non è cessato lo stillicidio. Un’altra grotta, in massima parte originata dall’erosione marina, si incontra nell’ultimo tratto di costa prima di doppiare punta della Campanella. In alto, su cinque terrazzi decrescenti ricavati nelle estreme propaggini sud-occidentali del S. Costanzo, sorgeva la villa romana e ora domina la torre di Minerva, costruita dagli Angioini nel luogo in cui i Greci avevano innalzato il tempio di Athena.  Davanti si schiude un’insenatura anche oggi usata come approdo per piccole imbarcazioni, la quale era collegata al quarto terrazzo da una ripida scala. Di essa rimangono i gradini più bassi a quelli della rampa superiore, scavata in una fenditura della roccia tanto stretta da consentire il passaggio ad una sola persona.  Il resto è franato assieme al pendio e ad un muro dal parametro in opera reticolata, eretto con funzione di sostegno fino all’imboccatura della gola. Delle tre aperture naturali della grotta, una è rivolta verso la scala e due si affacciano sul mare. Quindi è ragionevole supporre che il suo interno, spazioso e ben conformato, servisse da ricovero ai naviganti almeno da quando esisteva il tempio su punta della Campanella. In vari punti le pareti recano segni di adattamenti e della frequentazione dell’uomo; inoltre fu avvertita l’esigenza di elevare un muro, ora in rovina, contro l’impeto dei flutti. Negli ultimi anni queste tracce sono diventate sempre più labili e stanno per essere cancellate dall’accresciuto e incontrollato afflusso turistico determinato dallo sviluppo della nautica da diporto.  A causa della posizione e del fatto che è di facile accesso, in specie dal mare, la grotta è visitata con frequenza e, purtroppo, senza alcun rispetto per quanto essa rappresenta dal punto di vista naturalistici e storico.  Spesso vi vengono accesi fuochi, il suolo è sconvolto per tutte la sua estensione ed in più parti si è prodotto lo scalzamento di masse rocciose. Le caratteristiche peculiari del sito in rapporto al complesso archeologico e architettonico sovrastante pongono un duplice ordine di problemi: da un canto è necessario por fine alle devastazioni, dall’altro occorre ripristinare il collegamento con il quarto terrazzo, in modo da permettere a chi si reca nella villa romana un’agevole discesa all’approdo orientale. Esso, infatti, più di quello occidentale, conserva i tagli originari nella roccia per i gradini, ed entrambi sono elementi essenziali e strettamente connessi sia al tempio, ed entrambi sono elementi essenziali e strettamente connessi sia al tempio greco, sia, in seguito, alla struttura e alla funzione dell’impianto romano, sorto come supporto delle ville imperiali di Capri.sorrentoholiday.info

Baia di Ieranto: un'altra torre Saracena ed i resti di strutture e pontili antica cava

Baia di Ieranto – Galleria Foto

Costa Baia di Ieranto

Costa Baia di Ieranto, addentrandosi nella grande insenatura

Costa Baia di Ieranto, addentrandosi nella grande insenatura

Costa Baia di Ieranto, addentrandosi nella grande insenatura

Costa Baia di Ieranto, addentrandosi nella grande insenatura

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I videos della Baia di Ieranto


22/lug/2011 -Immergetevi con noi in apnea nell’acquario naturale della Baia di Ieranto!! 8 minuti di mare limpido e pesci variopinti!!

Ci si arriva via mare o tramite un sentiero lungo 1 oretta circa…. a piedi è logico! Il percorso inizia a Nerano paese ….. Al ritorno il primo tratto è molto faticoso… però sarete ripagati da un mare cristallino è bellissimo! Unico

Costeggiando verso l’arcipelago de Li Galli (verso Positano)

Costeggiando verso l'arcipelago de Li Galli. Un sguardo avanti e notiamo il primo scoglio ISCA molto vicino alla costa, ma il vero gruppo delle isole è molto più fuori

 

La marina di Nerano. Costeggiando verso l'arcipelago de Li Galli.

 Costeggiando verso l’arcipelago de Li Galli – Galleria Foto

Costeggiando verso l'arcipelago de Li Galli

Alle nostre spalle punta Campanella ed in fondo i faraglioni di Capri.

La costa - A six s'intravede Positano

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Le isole de “Li Galli” ( Le Sirenuse )

L’arcipelago de “Li Galli” è formato da alcune isole: lo scoglio Vetara è quasi equidistante tra la costa ed il gruppo vero e proprio de Li Galli che è formato da tre  isole principali  ed alcuni scogli. L’sola più grande, il Gallo Lungo, ha varie strutture come la torre Saracena, la Chiesetta bianca, tralicci, alcune case con resti d’interesse storico (guardare il video) ed altre due chiamate La Castelluccia o Dei Briganti e La Rotonda. Includerei, in modo estensivo, anche lo scoglio ISCA che è molto vicino alla costa a mezza via tra Ieranto ed il gruppo  delle isole li Galli.

Gallo Lungo è la più grande delle tre ed è l’unica ad essere stata abitata fin dai tempi dei Romani: ha una forma allungata che si estende per circa 400 m con una larghezza variabile che verso il centro è di circa 100 m e verso la “testa” è di circa 200 m.

I video de Li Galli

A poco più di sei chilometri da Positano e due dalla costa, dall’intensissimo blu del mare emerge uno dei più piccoli e affascinanti arcipelaghi italiani che, come se non bastasse, gode dello scenario maestoso della Costiera Amalfitana e dell’isola di Capri. Il Gallo Lungo, La Rotonda e Castelluccia formano lo stupendo gruppo de Li Galli. E i galli, intesi come pennuti, cosa c’entrano? Nulla. I tre isolotti anticamente fungevano da approdo alle navi da carico fenice, chiamate Gauli, e da questa lontana lingua il nome è arrivato fino a noi. (Roberto Pellecchia)

"Li Galli" Positano (SA) (foto: Roberto Pellecchia)

"Li Galli" Si intravedono alcune costruzioni

"Li Galli" Si intravedono alcune costruzioni

Storia antica

Strabone, geografo greco del I secolo a.C.(63-19) descrisse per la prima volta le tre isole in due brani: il primo nel libro I (2, 12, 13, = C 22-23) e il secondo nel libro V (4,8 = C 247), identificandole come sedi delle sirene e dando loro il nome di Sirenai o Sirenussai.

Non è casuale l’accostamento de Li Galli con le Sirene: queste ultime rappresentano nella mitologia greca gli ostacoli e i pericoli alla navigazione ed è proprio in quel tratto di mare che le correnti portavano spesso le imbarcazioni a schiantarsi contro di esse, naufragando. Si vuole che il nome Li Galli derivi dalla iconografia delle Sirene nell’arte figurata greca arcaica, nella quale vengono immaginate metà donna e metà uccello: le Sirene “greche” quindi non vanno confuse con le Sirene metà donna e metà pesce della fantasia popolare, alimentata peraltro da molte pellicole e cartoni animati. L’accostamento più immediato che si può fare con le sirene “pennute” è quindi quella della gallina o del gallo: da qui il nome Li Galli ancora oggi utilizzato.

Nel 1225 Federico II di Svevia donò le tre isole al monastero di Positano denominandole “tres Sirenas quae dicitur Gallus“.

"Li Galli" la baia tra le isole - la torre Saracena

Storia moderna

Li Galli ha da sempre esercitato un grande fascino, tanto da renderla ambita a molti personaggi famosi. Nel 1924 il coreografo e ballerino russo Leonide Massine acquistò l’arcipelago, facendo costruire su quelle rovine una magnifica villa che l’architetto Le Corbusier abbellì ulteriormente. La proprietà passò poi ad un altro celeberrimo ballerino russo, Rudolf Nureyev, che l’acquistò nel 1989: poco dopo la sua morte, avvenuta nel 1993, l’arcipelago è passato in mano ad altri privati.

L’arcipelago fa parte dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella.

"Li Galli" Un'altra isola (più piccola) Con un antico ricovero per le barche

Mitologia

Come già detto, Li Galli viene identificato con il luogo in cui le sirene vivevano e ammaliavano i marinai in transito, facendoli naufragare contro gli scogli

La mitologia narra di due navi che sono riuscite a scampare questo triste destino: quella di Ulisse, di ritorno dalla guerra di Troia, e quella degli Argonauti.

Nell’Odissea di Omero, Ulisse non volle rinunciare a sentire il canto delle sirene e così, su consiglio dalla maga Circe, si fece legare all’albero della nave, ma solo dopo aver turato con della cera le orecchie dei suoi marinai: egli poté quindi estasiarsi al loro canto mentre la nave continuò indisturbata il suo cammino.

Gli Argonauti, invece, si salvarono grazie alla bravura di Orfeo che prese a suonare la lira, surclassandone il canto; le sirene, per l’umiliazione subita, si buttarono in mare e furono tramutate in sassi.

"Li Galli" Un'altra isola (più piccola) Antico ricovero per le barche, con lo scivolo

 “Li Galli” – Galleria – Foto

"Li Galli" Dalla baia tra le isole: sullo sfondo la costa di Positano che si trova a destra

"Li Galli" in lontananza

"Li Galli" in lontananza

Le isole "Li Galli" molto vicine

Tra le isole "Li Galli" Torre Saracena

"Li Galli" Alcune strutture dell'isola principale

"Li Galli"

"Li Galli" Alcune strutture dell'isola principale

"Li Galli" Canalone tra due isole più piccole

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Con le ultime foto della galleria abbiamo puntato su un’altra delle isole del gruppo dove il mare è meraviglioso con i suoi riflessi, ma ormai stiamo passando dentro, fra gli scogli, poi lasceremo Li Galli per dirigerci a Capri che già vediamo sullo sfondo. Ed allora proseguite la navigazione con noi leggendo l’articolo intitolato “Capri,Capri vista dal mare,Isola di Capri, Nomi grotte di Capri (cliccare qui)

“Articolo a scopo didattico-istruttivo, divulgativo, informativo e ricreativo“


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